Iavarone e la mano guidata dal "demone": chi è il 16enne che uccise Chiara Gualzetti

Poco più di 16 anni con il rito abbreviato: è la pena cui è stato condannato il killer, anche lui minorenne, di Chiara Gualzetti. Il padre della ragazza a IlGiornale.it: "Lo ha fatto per il gusto di uccidere"

Iavarone e la mano guidata dal "demone": chi è il 16enne che uccise Chiara Gualzetti
I punti chiave

L’ha attirata in una trappola, l’ha uccisa e non ha mai mostrato pentimento. Per questo Andrea Iavarone, diventato maggiorenne il giorno della sentenza d’appello è stato condannato per l’omicidio di Chiara Gualzetti, 16 anni, avvenuto in provincia di Bologna il 27 giugno 2021. Il caso scatenò l’indignazione nell’opinione pubblica, non solo per le modalità ma anche per la minore età di vittima e assassino.

L’omicidio

Il luogo del ritrovamento del corpo di Chiara Gualzetti
Il luogo del ritrovamento del corpo di Chiara Gualzetti

“Chiara - racconta a IlGiornale.it il padre Vincenzo Gualzetti - era una ragazza semplice, molto sportiva. Il martedì prima dell’omicidio era andata per la prima volta a un corso di skate, avrebbe voluto cimentarsi in tanti nuovi sport e lavorare nel settore dell’accoglienza turistica. Lo sottolineo perché, dopo l'omicidio, si è detto che mia figlia fosse depressa. Non è assolutamente vero. Questa cosa è stata detta e strumentalizzata da qualcuno nel tentativo di giustificare l’orrore commesso dall'assassino di mia figlia. Lei era l’amore fatta persona”.

Chiara Gualzetti era un’adolescente abbastanza tipica. Scuola, passatempi, passioni, amici, famiglia erano il suo mondo. Si era invaghita di Iavarone. Ma nessuno immaginava l’epilogo di questa cotta. Il giorno dell’omicidio Iavarone diede a Gualzetti un appuntamento per una passeggiata: ma durante l’incontro la accoltellò per poi finirla con calci e pugni e abbandonarla nel parco dell’abbazia di Monteveglio dove il corpo sarebbe stato ritrovato il 28 giugno 2021. Una volta arrestato, Iavarone confessò, aggiungendo che la sua mano sarebbe stata guidata dal demone Samael, uno dei personaggi della serie tv Lucifer. Da allora è detenuto nel carcere di Pratello.

“Ho conosciuto l’assassino di mio figlia tre anni prima del delitto - continua Vincenzo Gualzetti - lui ha mangiato a casa mia e lavorato con me. Mai avrei immaginato che sarebbe stato capace di commettere un delitto così efferato. Altrimenti non avrei lasciato che Chiara ci parlasse neanche per mezzo secondo. Ha raggirato tutti facendo credere di essere qualcuno che in realtà non era”.

La condanna

Il funerale di Chiara Gualzetti

A marzo 2023 Iavarone si è visto confermare in appello la sentenza di primo grado: 16 anni e 4 mesi senza messa alla prova e con rito abbreviato - il massimo della pena - quando il killer era ancora minorenne, per l’accusa di omicidio pluriaggravato dalla premeditazione (tra l’altro aveva ammesso di aver già tentato di uccider Gualzetti), dai futili motivi e dalla minore età della vittima. Alla causa, come in tutti i processi che riguardano imputati minorenni, non erano state ammesse parti civili.

Ma il movente resta sconosciuto. “Dopo due due anni di processo - chiarisce Vincenzo Gualzetti - non è ancora chiaro il movente dell'omicidio. Ho letto la confessione dell’assassino di mia figlia e c’è una frase che mi è rimasta in testa: ‘Io non ricordo quanto sia durato, ricordo che lei non voleva morire. Non pensavo che il corpo umano fosse così resistente’. Io credo che abbia voluto provare cosa volesse dire ammazzare una persona e ci abbia trovato gusto. Pensi che dopo l’omicidio si è persino glorificato, vestendosi di bianco e mettendo le lenti a contatto rosse. Non solo: si è fatto anche i selfie con mia figlia morta. E non si può neanche dire che sia pazzo. Cinque perizie psichiatriche lo hanno dichiarato capace di intendere e volere, lui non era ed è perfettamente lucido. Ha ammazzato Chiara per il gusto di uccidere”.

A Iavarone è stata riconosciuta quindi la capacità di intendere e di volere. A pesare nella sentenza è stata la “mancanza di empatia e senso di colpa”, tanto da aver rivolto alla vittima e ai suoi genitori “parole spregevoli prima e dopo il fatto”. Inoltre l’aver cercato di attribuire la responsabilità dell’omicidio a un demone è stato, secondo i giudici, “un tentativo di deresponsabilizzazione con modalità ed escamotage che gli hanno permesso di distaccarsi dal fatto reato”. Tra l’altro Iavarone “aveva fatto ricerche su Google per cercare nomi da dare al demone” e gli è stato riconosciuto “un atteggiamento supponente e mai dispiaciuto, utilizzando frasi e parole che hanno sempre evidenziato mancanza di resipiscenza”.

A sinistra Vincenzo Gualzetti
A sinistra Vincenzo Gualzetti

“Sedici anni per uno che ha letteralmente massacrato una ragazzina, addirittura colpendola con calci in faccia fino a renderla irriconoscibile, sono una miseria - commenta Vincenzo Gualzetti - Non si può parlare di pena giusta, ma è il massimo ottenibile dalla giustizia italiana. Considerando che la minore età è considerata un’attenuante, a prescindere dalla efferatezza del delitto, devo ritenermi anche ‘fortunato’ per il risultato ottenuto. Vorrei solo che qualcuno mi spiegasse perché l’età conta solo per gli assassini e non per le vittime. Mia figlia non era pure lei una ragazzina quando è stata uccisa?”.

A fine giugno 2023, il giorno dopo il funerale della moglie Giusy, papà Vincenzo Gualzetti, si è ritrovato a commentare ad Adnkronos l’omicidio di Michelle Causo, coetanea della figlia, avvenuto il 28 giugno a Primavalle: “Quando perdi un figlio è come perdere per strada i pezzi di se stessi. Con l'omicidio di Michelle, mentre seppellivo mia moglie, ho rivissuto quello che ha passato mia figlia. Minorenne anche lei, uccisa con cinque coltellate da un suo amico coetaneo che in casa conoscevamo, per un movente mai chiarito. Abbandonata tra le siepi e ritrovata solo grazie a una testimonianza il 28 giugno, lo stesso giorno in cui, due anni dopo, sarebbe stato ritrovato il corpo della 17enne a Roma. Anche lei sarebbe finita in un campo incolto, se il suo assassino non avesse trovato un cancello a sbarrargli la strada”.

“L’ergastolo - conclude alla nostra redazione Vincenzo Gualzetti - lo abbiamo avuto io e mia moglie Giusy, che si è ammalata per il troppo dolore.

Prima che morisse abbiamo voluto sposarci per esaudire un desiderio di Chiara. E anche ora che non c’è più so che continuerà a lottare al mio fianco: non smetteremo mai di chiedere giustizia per nostra figlia e tutte le ragazze che, come lei, hanno subito queste terribili atrocità. Basta”.

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