Gli occhiali da sole, i capelli, la bici. I passi falsi che hanno incastrato il killer di Sharon

Moussa Sangare ha provato a depistare le indagini. Poi le contraddizioni lo hanno tradito e lo hanno portato a confessare il delitto

Gli occhiali da sole, i capelli, la bici. I passi falsi che hanno incastrato il killer di Sharon
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Moussa Sangare avrebbe provato a depistare le indagini. È il dettaglio che trapela a 48 ore dal fermo del killer di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa in strada a Terno d'Isola il 30 luglio. L'assassino, reo confesso, è accusato di omicidio premeditato e aggravato da futili motivi. Come lui stesso ha ammesso durante l'interrogatorio davanti al pm Emanuele Marchisio, avrebbe ucciso la giovane barista "tanto per farlo". Quasi a lasciar intendere di aver agito in preda a una sorta di "raptus" omicida o uno scatto d'ira. Sta di fatto che bisognerà attendere il completamento di tutti gli accertamenti investigativi per consolidare gli indizi di colpevolezza a carico dell'indagato e valutare, eventualmente, la necessità di sottoporlo a una perizia psichiatrica.

Il cambio look e le contraddizioni

La svolta nel macabro giallo è arrivata mercoledì, quando Sangare è stato convocato in caserma. In un primo momento, gli investigatori avevano ipotizzato che potesse trattarsi di un possibile testimone oculare - dai filmati era emerso che si trovasse in via Castegnate in un orario compatibile con il delitto - ma poi il 31enne ha cominciato a traballare, cadendo in una serie di contraddizioni. "Quando ha tagliato i capelli?", gli hanno chiesto i carabinieri. Lui ha tentennato: "Tre mesi fa". Una risposta ritenuta inverosimile, visto che si era appena rasato. Da qui l'ipotesi che quel cambio look fosse stato pensato, forse, per allontanare da sé i sospetti.

La bici e i coltelli

Ad incastrare Sangare è stato il frame di una telecamera che lo ha ripreso in via Castegnate, attorno all'una di notte, mentre sfrecciava come un siluro in sella alla sua bicicletta. La stessa a cui avrebbe apportato delle modifiche, cambiando il manubrio e i catarifrangenti, dopo l'omicidio. Anche questo, secondo chi indaga, sarebbe stato un tentativo di sviare le indagini. Così come per i quattro coltelli che aveva con sé: li ha gettati nell'Adda, a Moldago, con alcune pietre per fare in modo che rimanessero sul fondale. I sommozzatori li hanno poi recuperati dal fiume assieme ai vestiti sporchi di sangue, che l'omicida aveva infilato in un sacchetto.

La testimonianza dei vicini

Nelle settimane successive al delitto, fino all'arresto, Sangare ha vissuto come un fantasma. A Susio, dove vive, un vicino di casa dice di averlo incrociato cinque giorni fa: "Saranno state le 5.30 del mattino, stavo andando al lavoro, era qui fuori. Aveva gli occhiali da sole. Andava in giro e tornava sempre qua". Alcuni ragazzini del posto lo conoscono perché, in passato, aveva lavorato come animatore. "Per noi era un punto di riferimento da ragazzini. - raccontano al Corriere della Sera - Era bravo con la musica e quando era all’estero aveva aiutato due ragazzi a incidere dei brani". Sangare era stato in America: "Una volta tornato, non era più lo stesso Moussa di un tempo. Ma non era pericoloso, non era violento. Si vedeva che aveva dei problemi ma non avremmo mai pensato potesse arrivare a fare del male a qualcuno".

E poi c'è la droga: "Sì, anche quella era un suo problema". Domani mattina alle 9, il 31enne sarà interrogato in carcere dal giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino. Non è escluso che possa avvalersi della facoltà di non rispondere.

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