I punti chiave
Non c’è limite all’orrore nelle pieghe dell’omicidio di Pescara, la conseguenza dell’accoltellamento subito ieri al parchetto Baden Powell dal 17enne Christopher Thomas Luciani. Sono state 24 le coltellate inferte al giovane pre un presunto debito di droga di poco più 200 euro, ma i dettagli scioccanti non finiscono qui: c’è molto altro nella testimonianza di un coetaneo presente alla mattanza che avrebbe deciso di collaborare con gli investigatori.
Tra le sue dichiarazioni: “Faceva dei versi quasi di morte e loro gli dicevano di stare zitto. Lui era a terra, con una gamba accavallata all’altra, ripiegato a terra, esposto ai colpi sul fianco”. In questa narrazione lui è Christopher, loro i suoi aggressori, descritti come due mondi a parte, come non si trattasse di giovani che un momento prima e un momento prima del crimine vivessero delle vite comuni a persone della loro età.
Il racconto ai carabinieri
La ricostruzione degli inquirenti si basa sul racconto appunto di un testimone. Le premesse della vicenda partono alle 15,30 di ieri, quando M., figlio di un’insegnante iscritta all’albo degli avvocati, decide di regolare i conti per una presunta quantità di hashish con Christopher. “Ci aveva detto che lo doveva incontrare, ci aveva fatto capire che voleva tirargli due schiaffi. Ci siamo diretti tutti insieme nei pressi della stazione dove c’è un ristorante di sushi”, ha esordito il testimone, come riporta Repubblica.
I ragazzi mangiano qualcosa e intanto M. chiama al telefono Christopher, dandogli appuntamento ai “silos”. Ma M. è in compagnia, di C., del testimone e di altri coetanei. Tanto che Christopher avrebbe chiesto: “Perché ti porti gli scagnozzi dietro?”. C. Avrebbe avuto con sé, come scrive il Corriere della Sera, anche una pistola di piccole dimensioni, ma secondo un’altra testimonianza l’arma sarebbe forse stata scarica. Poi si sono recati al parco, ma solo M. e C. avrebbero aggredito e accoltellato il 17enne. C. In particolare, figlio di un carabiniere, non avrebbe avuto nessun debito con Christopher, ma avrebbe comunque partecipato alla mattanza perché lui e M. “erano amici”.
Quindi è avvenuta appunto l’aggressione, dopo la quale i ragazzi si sarebbero spostati verso la spiaggia e lì, M. “si è cambiato, aveva un cambio dietro in uno zaino, ricordo che aveva una maglietta nera e poi si è messo una canottiera nera dello stesso colore”. Incontrate due ragazze, i presunti aggressori e i loro amici avrebbero fatto il bagno, ma non prima di lanciare l’arma del delitto in un calzino insanguinato oltre gli scogli e aver pronunciato queste parole: “Deve rimanere tra noi”.
Il testimone
Uno dei ragazzi si è confidato con il fratello maggiore e con gli amici, dopo di che ha deciso di parlarne al padre, carabiniere di alto grado che ha saputo subito cosa fare, ovvero allertare i colleghi, ai quali il figlio ha raccontato: “Ero allibito, non sapevo cosa fare, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Mentre lo facevano sembrava che non ci stessero più con la testa”. Questa narrazione è stata corroborata da altri 4 coetanei presenti e dalle immagini della videosorveglianza. Così è partito il fermo per M. E C. ora indagati.
Christopher, “colpito ripetutamente a morte con un coltello”, stando al medico legale Cristian D’Ovidio, ha ricevuto 10 coltellate sul torso, 13 sul fianco destro e 1 sulla coscia destra, “di continuo da arma da punta e taglio”.
Tanto che il testimone sarebbe stato consapevole dell’assenza di speranza: “Ero sicuro che era morto, erano tante coltellate davanti a me. Ad esempio aveva avuto una coltellata all’addome, una coltellata alla gamba, dove ci sono le arterie”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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