"Omissioni e analisi non fatte. Elisa Claps nell'abisso della Trinità"

Elisa Claps venne uccisa nel 1993 e per il suo omicidio è stato condannato Danilo Restivo. "Tanti errori nelle indagini. Chi ha aiutato nell'occultamento del corpo?"

"Omissioni e analisi non fatte. Elisa Claps nell'abisso della Trinità"

Ci sono delle responsabilità nell’omicidio di Elisa Claps, responsabilità mai state trovate che si aggiungono a quelle riconosciute in tribunale a Danilo Restivo, condannato a 30 anni in Italia per l’assassinio di Elisa. Restivo sta scontando anche una condanna a 40 anni nel Regno Unito per l’omicidio di Heather Barnett.

Di queste responsabilità, di tutto ciò che non è passato per la narrazione mainstream, di tutti i dettagli più interessanti, raccontati con un piglio investigativo preciso e capillare, parla il libro “Elisa Claps - Indagine nell’abisso della chiesa della Trinità, scritto dai giornalisti Fabio Amendolara e Fabrizio Di Vito.

Amendolara ha parlato a Il Giornale del volume in un’intervista fiume che forse non rende giustizia alla dovizia di dettagli contenuti nel libro. Sono pagine difficili quelle vergate dai due giornalisti, non solo perché raccontano del truce omicidio di una 16enne dolce e altruista avvenuto il 12 settembre 1993 - e di una famiglia rimasta per 17 anni senza una tomba che riflettesse l’“eredità d’affetti” - ma queste pagine raccontano anche di omissioni e di una ricerca della verità che ancora non è stata raggiunta completamente.

Amendolara, all’inizio del libro c’è una sorta di poesia anonima ritrovata a potenza nel 1993. Ce ne vuole parlare?

“È un documento scartato dagli investigatori, pur essendo molto importante. A rileggerlo oggi fa venire i brividi, per tre particolari: i versi ‘l’ho fatta seppellire con una pietra sopra’ - ed è il modo in cui è stata ritrovata Elisa nel sottotetto della Trinità -, l’ammissione di averla uccisa e la presenza dello stesso nome, Elisa. Non si capisce il perché sia stato scartato come elemento. Lo abbiamo trovato per caso, rileggendo tutti gli atti, indicato come allegato in un’annotazione a pie’ di pagina. Non siamo grafologi forensi, ma ci siamo divertiti a comparare alcune lettere dello scritto anonimo ritrovato nel Parco di Montereale con uno scritto di Restivo, scritto di suo pugno a mamma Filomena e letto durante una delle udienze di Salerno: le S, scritte come il simbolo di un lampo, sono identiche”.

Quali furono scivoloni e cautele investigative che segnarono negativamente le indagini all’inizio?

"Il primo errore è quello che commettono ancora oggi gli investigatori. Il papà di Elisa e il fratello Gildo sporgono denuncia. Dicono: mia figlia è uscita stamattina, si è incontrata con Danilo Restivo, non è più tornata, sospettiamo che sia accaduto qualcosa di grave. Viene aperto un fascicolo per allontanamento volontario. Trent'anni dopo scompare Giulia Cecchettin, il padre va in caserma dai carabinieri e dice: mia figlia si è allontanata di casa, è uscita con l'ex fidanzato, non è più tornata, sospetto che sia accaduto qualcosa di grave. E il fascicolo viene aperto per allontanamento volontario. Abbiamo visto che i casi finiscono in un altro modo e questo ci deve insegnare qualcosa”.

Poi?

“Secondo errore: i pregiudizi. Due tipi di pregiudizio hanno fatto perdere un sacco di tempo agli investigatori. Il primo è un pregiudizio che riguarda le donne e che riscontriamo ancora in tutti i casi in cui le donne sono vittime di omicidi o di violenze. Durante la prima veglia di preghiera, quindi a un giorno dalla scomparsa, una testimone sente dire dopo la messa che Elisa è scappata con i militari e che è incinta”.

Cosa succede?

“Lo riferisce in questura e gli investigatori cosa fanno? Si fiondano nelle farmacie del centro storico di Potenza, che è una città di sessantamila abitanti, e chiedono se è stata lì una ragazza appena scomparsa e a comprare un test di gravidanza. Si innesca una dinamica per cui Elisa diventa una poco di buono. Non contenti perdono altro tempo all'ospedale della città e vanno a chiedere se era stata lì a sottoporsi a una visita ginecologica. Quindi le rimane questo timbro indelebile: dopo trent'anni la famiglia si è vista costretta a pubblicare i diari della ragazza, per dimostrare che tutto era fuorché una poco di buono. Però gli investigatori, le prime quarantotto ore, quelle fondamentali per uno di risolvere un'indagine, le sprecano così. Poi c’è un altro pregiudizio che riguarda lo straniero”.

Cioè?

“Indagano su un albanese, giunto nel periodo dei primi sbarchi in Puglia. Aveva qualche precedente per droga. Si chiamava Eris Gega: su di lui c’era un faldone di 600 pagine, contro le 200 di Restivo. A casa di quest’ultimo non avevano sequestrato neanche i vestiti, visti appesi ad asciugare dai poliziotti, perché appena lavati. Gega fu perquisito diverse volte, interrogato, intercettato, pedinato. Restivo viene sentito una prima volta pochi giorni dopo la scomparsa con errori clamorosi”.

In che senso?

“Restivo viene creduto a intermittenza. La prima parte della sua testimonianza, quando dice di aver incontrato Elisa e di averla vista uscire mentre lui si è fermato a pregare, viene ritenuta credibile e non viene fatta nessuna perquisizione in chiesa. La seconda parte, in cui Restivo dice di essere ruzzolato sulle scale mobili e di essersi fatto male con una scheggia di metallo, viene giudicata non credibile, per cui gli inquirenti indagano a fondo nel cantiere delle scale mobili, tra l’altro senza trovare la scheggia. Purtroppo gli inquirenti hanno preso la strada sbagliata a ogni bivio, ma se a Potenza, dove si è sviluppata la prima parte delle indagini, ci sono state omissioni, a Salerno si è fatto anche di peggio”.

Cos’è accaduto a Salerno?

“Tutti pensavano che lì gli investigatori sarebbero stati i salvatori della patria, ma in realtà si erano fatti scadere i tempi massimi per le indagini preliminari. Accade in un momento clou: quando vengono ritrovati i resti di Elisa Claps nel sottotetto. Lì c’era moltissimo materiale che poteva essere analizzato: una cicca di sigaretta, una tessera elettorale, scontrini fiscali, bottiglie di birra. A un certo punto la paletnologa forense scrive alla procura per avere lumi sulle impronte repertate con foto nel sottotetto, impronte che non erano state analizzate: non riceverà mai risposta. Ma c’è dell’altro”.

Cosa?

“Certo la chiesa non ha raccontato tutto quello che ci si aspettava, come per esempio quanto tempo prima sono stati trovati i vestiti di Elisa. Ma i resti li hanno fatti ritrovare: chi li ha occultati invece non è mai stato cercato. È certo che Restivo non abbia potuto agire da solo. Ce lo dice la logica dei tempi, perché Restivo dopo l’omicidio torna a piedi a casa e poi si fa accompagnare in auto all’ospedale, dove viene medicato. Qualcuno deve averlo aiutato a trasportare il corpo nel punto in cui poi è stato trovato. E sicuramente c’erano stati altri avvistamenti del corpo, dato che alcuni operai hanno lavorato sui cassettoni di legno del soffitto della chiesa, cassettoni che stavano cedendo ed è stato fatto un ancoraggio con dei perni d’acciaio nel sottotetto, proprio vicino al corpo. Ma per capire meglio il doppio binario investigativo occorre fare il nome di un testimone, Giuseppe Carlone”.

Di chi si tratta?

“Il giorno dopo la scomparsa di Elisa, Carlone va in questura e dice: ho incontrato Elisa, era vicina alle scale di casa sua in un’ora successiva alla presunta scomparsa. Questa dichiarazione sposta il perimetro investigativo, dalla chiesa della Trinità al resto del mondo. Il testimone non è mai stato riconvocato né risentito. Ci sono state molte manifestazioni davanti alla chiesa, attacchi al vescovo, ma io mi sarei aspettato le stesse mobilitazioni davanti alla procura e davanti alle case dei testimoni che hanno detto il falso”.

Perché nel libro Restivo viene definito serial killer?

“Restivo ha commesso due omicidi: Elisa Claps e Heather Barnett. Le dinamiche connesse ai due omicidi sono pressoché identiche. Elisa viene adescata con la scusa di un regalo, così come accade a un’altra potenziale vittima - c’è testimonianza negli atti di indagine, nel libro la chiamiamo ‘l’altra Elisa’ -. Barnett viene uccisa dopo che Restivo si reca a casa sua dicendo di dover fare un regalo alla moglie. Sia a Elisa che a Heather vengono tagliate delle ciocche di capelli, il reggiseno delle due vittime viene tagliato al centro nello stesso modo, e così anche i loro pantaloni ripiegati a libro con gli slip semi-abbassati. Per entrambe le vittime c’è stato trascinamento e in entrambi i casi Restivo si toglie le scarpe. Inoltre abbiamo approfondito ulteriori indagini: Restivo è stato sospettato per l’omicidio di due ragazze coreane, tra cui Erika Ansermin, scomparsa ad Aosta: nel computer di Restivo c’era una sua foto. E a proposito di serialità, Restivo era anche un collezionista seriale di cose inquietanti”.

Ovvero?

“A Potenza sono state ritrovate delle fotografie pornografiche di donne con disabilità, mentre nella sua casa di Londra c’erano immagini di ragazze scomparse”.

Si sono registrati alcuni tipi di presunto depistaggio nel tempo. Quello forse più interessante riguarda un sito internet. Ce ne può parlare?

“Nei giorni che precedono la scomparsa di Elisa, Restivo molesta le sue vicine di casa. Scrive molte lettere e in queste lettere esprime tre personalità. Queste personalità emergono all’interno di un forum su un sito web, ‘Il Popolo della Rete’, nel thread ‘Quanti dubbi sul caso Claps’, aperto per caso da un uomo che non conosceva Restivo, ma che vedeva in senso critico le attività sul caso condotte da ‘Chi l’ha visto?’, programma con cui aveva conosciuto la vicenda. Restivo trova qui terreno fertile e inizia a scrivere con nickname diversi, raccontando cose vere ma infarcendole di dettagli fantasiosi legati alla propria linea difensiva, per allontanare i sospetti da sé”.

Non era il primo depistaggio.

“No, in passato aveva inviato al sito sulla scomparsa di Elisa

una mail in cui diceva che la ragazza era in Brasile e non voleva essere cercata. Inviò una mail a una testata per cui lavoravo all’epoca, allegando foto con dei proiettili e asserendo glieli avesse inviati Gildo Claps”.

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