Saman e le altre: l’integrazione impossibile per le tante "italian girl"

Da Saman Abbas a Hina Saleem: chi sono le ragazze uccise per essersi opposte al matrimonio forzato. Cosa dicono i dati e qual è la pena prevista dalla legge italiana per questo genere di reato

Saman e le altre: l’integrazione impossibile per le tante "italian girl"
00:00 00:00

Saman Abbas voleva "vivere all’occidentale". Non a caso aveva scelto per il suo profilo Tik Tok il nome utente italian girl nel tentativo, forse, di rivendicare la propria identità di giovane donna libera. Quella libertà che le era stata negata dai genitori per essersi opposta alle nozze combinate col cugino, più grande di lei, nel Paese d'origine. Nel dicembre del 2022, a soli 17 anni, li aveva denunciati entrambi per maltrattamenti e induzione al matrimonio. Un atto di coraggio che ha pagato a caro prezzo quando, la sera del 30 aprile 2021, di ritorno a casa dalla struttura protetta in cui alloggiava, è stata uccisa dai familiari.

Saman e le altre italian girl uccise per "onore"

Un destino tragico, quello di Saman, che incrocia le storie di molte altre vittime del delitto d’onore. Come quella di Hina Saleem, la ventenne pachistana uccisa e sepolta nel giardino di casa a Sarezzo (Brescia), il 13 agosto del 2006, perché "troppo occidentale". Per l’omicidio e soppressione di cadavere furono condannati il padre, a trent’anni di reclusione, e due cognati della ragazza, entrambi a 17 anni. Pena più lieve per lo zio - 2 anni e 8 mesi - che ammise di aver partecipato alla sepoltura ma non al delitto.

Grida ancora giustizia, invece, la drammatica vicenda di Sana Cheema. Venticinque anni, di origini pachistane ma cresciuta nella provincia di Brescia, Sana morì il 18 aprile 2018 mentre si trovava in Pakistan. Sul caso venne aperta un’inchiesta e l’autopsia fugò ogni dubbio residuo sulle cause del decesso: “asfissia meccanica violenta mediante strangolamento”. Secondo gli inquirenti italiani è verosimile l’ipotesi che la giovane sia stata uccisa da alcuni uomini della sua famiglia, nello specifico il padre e il fratello, per essersi opposta al matrimonio forzato con un cugino. In Pakistan i due imputati sono stati assolti perché, secondo le autorità locali, la 25enne sarebbe morta per cause naturali. Circostanza che non ha mai convinto i magistrati bresciani: la seconda settimana di marzo 2024 Guido Rispoli e Claudia Passalacqua, rispettivamente il procuratore generale e titolare dell’inchiesta per omicidio politico, si recheranno a Islamabad per ascoltare testimoni e raccogliere eventuali prove.

I matrimoni forzati nel Codice Rosso

Secondo il report diffuso da Action Aid a marzo 2023, da quando il reato di induzione o costrizione al matrimonio è stato introdotto nel Codice Rosso si sono registrati 35 casi. Al riguardo, l’articolo 558 bis del codice penale prevede che "Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile". Sono poi previste circostanze aggravanti nel caso in cui il fatto coinvolga minori di 18 o 14 anni. Le disposizioni dell’articolo si applicano anche quando il reato è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.

I recenti casi di cronaca

I dati relativi ai matrimoni forzati non restituiscono un quadro completo del fenomeno in Italia. Alcune ragazze, spesso paura, non denunciano i maltrattamenti oppure ritornano sui propri passi, come è accaduto qualche mese fa a Reggio Emilia. Una giovane pachistana si era rivolta ai servizi sociali temendo per la propria vita dopo essersi opposta alle nozze combinate dai genitori. A seguito della denuncia era scattato il programma di protezione e alla coppia era stato imposto il divieto di avvicinamento alla figlia. Ma a processo la ragazza ha ritrattato le accuse, abbracciando la madre e il padre dopo la lettura della sentenza di assoluzione.

Resta ancora da scrivere l’ultima parola, invece, sulla vicenda in cui è coinvolta una 15enne straniera residente nel Cremonese alla quale, secondo l’accusa, i genitori avrebbero imposto il velo e il Ramadan. La coppia è a processo con l’ipotesi di reato per maltrattamenti fisici e psicologici: la prossima udienza è fissata per il 20 dicembre, il giorno della sentenza.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica