Aveva aperto il fuoco contro la moglie malata di Alzheimer, uccidendola con un colpo di pistola. Aveva detto di aver agito per disperazione, non riuscendo più a convivere con la malattia della consorte, confessando poi il delitto. E, a meno di un mese dai fatti, Alessandro Sacchi è stato scarcerato: nelle scorse ore ne è stato decretato il trasferimento ai domiciliari in una rsa del territorio aretino, con la sua posizione che potrebbe a quanto pare alleggerirsi ulteriormente qualora venisse richiesta ed eseguita una perizia psichiatrica. Sono gli ultimi sviluppi riportati dalla stampa toscana in merito all'uccisione della settantaduenne Serenella Mugnai, per mano del marito ottantenne, avvenuta lo scorso 21 giugno ad Arezzo. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini, la coppia una volta solida era stata messa in crisi negli ultimissimi anni dall'insorgere della malattia della donna.
Sino all'ultima tragica notte, stando a quanto riporta il Corriere Fiorentino: come ha raccontato Sacchi stesso al giudice ripercorrendo gli ultimi minuti immediatamente precedenti all'omicidio (dopo giorni di silenzio in cui non riusciva più nemmeno a parlare) quella volta la moglie non voleva andare a dormire. Vi sarebbe stata anche una lite e lei lo avrebbe rimproverato per non aver saputo stendere i panni del bucato. Pare poi che Sacchi fosse rimasto scioccato quando la moglie, sempre in quell'occasione, avrebbe stentato a riconoscerlo e lo avrebbe chiamato con un altro nome. L'uomo andò quindi nel suo studio, tirò fuori la vecchia Beretta del padre e tornò in cucina con l'arma in pugno. "Volevo solo farle paura per convincerla a venire a dormire", si è difeso. L'arma però era carica e dopo aver premuto il grilletto, per la moglie non c'è stato più nulla da fare.
Fu lo stesso Sacchi, in stato di choc, ad informare i vicini di casa del gesto che aveva appena compiuto e ad invitarli a chiamare i soccorsi. L'uomo era dunque stato tratto in arresto e il pubblico ministero, lo stesso che nelle scorse ore ha dato il benestare al trasferimento del detenuto in una residenzia sanitaria assistenziale, aveva in un primo momento ritenuto opportuno tenerlo in cella per evitare che potesse compiere atti estremi. Nel frattempo, gli avvocati si erano messi alla ricerca di una struttura adatta ad ospitare l'anziano.
E quando sono riusciti ad individuarlo, hanno inoltrato l'istanza per chiedere gli arresti domiciliari. Una richiesta che il giudice per per indagini preliminari ha accolto nel giro di ventiquatt'ore: dopo circa tre settimane di detenzione, il pensionato ottantenne è infine uscito dal penitenziario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.