Abu Dhabi, richiesta d’aiuto di italiano in carcere: “Mi ammazzano”

La disperata richiesta d’aiuto di Massimo Sacco, un imprenditore che lavorava negli Emirati, dove adesso si trova in carcare in condizioni disperate. Affetto da una seria forma di microcitemia, l’uomo denuncia le costanti torture commesse nei suoi confronti dal personale carcerario

Abu Dhabi, richiesta d’aiuto di italiano in carcere: “Mi ammazzano”

Arriva da Abu Dhabi la disperata richiesta d’aiuto di un nostro connazionale, che da marzo scorso si trova chiuso dietro le sbarre di una delle prigioni della capitale degli Emirati Arabi. Fermato con 10 grammi di cocaina, è stato incriminato per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Il suo nome è Massimo Sacco, imprenditore di una società di ristrutturazioni, che si difende dalle accuse mosse nei suoi confronti, dichiarandosi innocente. Che l’uomo sia colpevole o meno del reato contestato, questo non ci è dato saperlo. A preoccupare è il suo precario stato di salute ed i racconti di ciò che gli starebbe accadendo in carcere.

Sacco, infatti, soffre di una forma di microcitemia (una patologia che interessa il sangue), che il personale penitenziario non avrebbe minimamente preso in considerazione, mettendolo in pericolo di vita. Non solo. Stando a quanto riferisce Monia Moscatelli, compagna di Sacco, l’uomo sarebbe stato vittima di brutali pestaggi da parte dei suoi carcerieri ad Abu Dhabi.

L’ultima violenza sarebbe avvenuta proprio prima della telefonata con cui Sacco ha lanciato il suo appello disperato, chiedendo aiuto alla donna, che si è subito attivata. La registrazione della conversazione fra i due, dov’è presente l’agghiacciante testimonianza dell’uomo, è stata dunque trasmessa da “I Lunatici”, su Radio Rai 2. “Io sto morendo. Chiama in radio. Cerca di smuovere qualcosa. Mi hanno portato in ospedale. Gira questo messaggio all'avvocato, mi hanno preso a botte fino ad ora per fare questa telefonata”. Così esordisce Massimo Sacco, come riportato da “Il Mattino”. “Il mio stato di salute è giunto ormai al collasso, sono stato sottoposto a un esame del sangue che dimostra la presenza di una devastante microcitemia. Il direttore del carcere gioca da tre mesi con la mia vita, sono stato sottoposto ad un’ecografia alla milza che sta assumendo delle dimensioni spropositate”. Una situazione alquanto pericolosa, dunque. “Solo adesso stanno cercando di metterci una toppa. Vorrebbero curarmi dandomi del ferro, ma questo equivarrebbe a condannarmi a morte. I dottori degli Emirati Arabi non sanno neanche cosa sia la microcitemia, che pur essendo una grave forma di anemia non va in nessun modo curata con il ferro.

Sacco si è ovviamente rifiutato di assumere i farmaci scorretti che gli sono stati forniti. Le sue condizioni sono più che mai critiche, soprattutto se alla malattia si aggiungono le atrocità commesse dai suoi carcerieri. “Sono stato sottoposto a torture atroci da parte delle guardie carcerarie, riportando contusioni in tutto in corpo, incrinazione di tre costole, scosse elettriche ai genitali. A seguito delle scosse elettriche ricevute, il testicolo sinistro ha assunto le dimensioni di un'arancia, mi procura un dolore atroce e mi impedisce di camminare.

Il desiderio di Sacco è quello di fare al più presto ritorno in Italia, ma dal suo messaggio di appello si intuisce come l’uomo stia a mano a mano perdendo ogni speranza. “Io ci muoio qui, ho i giorni contati. Sono in carcere da 12 mesi, senza nessuna sentenza, senza alcun diritto umanitario. Ho subito botte, soprusi, angherie”.

Soprusi di cui sarebbe stata vittima anche la stessa Monia Moscatelli. “Hanno costretto anche la mia compagna, del tutto estranea alla vicenda, a spogliarsi nuda davanti a 10 agenti, tutti uomini.

L'hanno costretta ad andare con loro in carcere per una intera notte, il tutto per estorcere a me una falsa dichiarazione, per farmi dire in cambio del suo immediato rilascio che quella droga l'avevo presa in Italia”.

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