Ora la condanna nei confronti dell'Italia è definitiva. Nessuno ha fatto ricorso nei tre mesi in cui sarebbe stato possibile - né il governo Renzi, né tantomeno Abu Omar - e dunque la sentenza della Corte per i diritti umani è passata.
Strasburgo aveva deciso a febbraio di quest'anno, condannado l'Italia per il rapimento e la detenzione illegale dell'ex imam di Milano, di origini egiziane e della moglie Nabila Ghali.
"Il legittimo principio del segreto di Stato è stato chiaramente applicato al fine di assicurare che i responsabili non rispondessero delle loro azioni", si leggeva allora nella sentenza, che riconoscendo il risarcimento ricordava comunque la condanna per terrorismo internazionale arrivata dal tribunale di Milano.
Il ricorso di Abu Omar alla Corte
Nel 2009 Abu Omar si er rivolto alla Corte per chiedere che le autorità italiane, coinvolte nel rapimento messo in atto da uomini della Cia, fossero punite per la violazione dei suoi diritti e perché fu torturato e maltrattato durante l'incarcerazione in Egitto, Paese non noto per avere prigioni rispettose delle persone che vi sono rinchiuse.
Il suo sequestro avvenne, dice la Corte di Strasburgo, con l'assenso dei servizi segreti italiani, all'epoca guidati da Niccolò Pollari.
La sentenza ha condannato
l'Italia a pagare 70mila euro all'imam e 15mila alla moglie per danni morali. L'Italia non si è rivolta in questi tre mesi alla Grande Camera, mossa che avrebbe potuto portare a un appello. Con oggi la sentenza è definitiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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