Allarme dell’Oil: “Perdite devastanti sul lavoro”

L’Organizzazione internazionale del lavoro parla di1,25 miliardi di lavoratori a rischio. Stima ben peggiore rispetto alla precedente

Allarme dell’Oil: “Perdite devastanti sul lavoro”

L’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro, ha lanciato un allarme preoccupante. L’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne, non lascia molte speranze per il futuro prossimo. Secondo quanto riportato da Repubblica, l’ultima stima sarebbe ben peggiore rispetto alla precedente. Quella del 18 marzo scorso parlava di 25 milioni di disoccupati. Adesso invece i numeri sono ben più inquietanti. Nel rapporto sulle conseguenze della pandemia del coronavirus, l’Oil parlerebbe di perdite devastanti in termini di ore di lavoro e occupazione".

Nel secondo trimestre del 2020 le ore lavorate nel mondo verrebbero ridotte del 6,7%, il che significa 195 milioni di lavoratori a tempo pieno. Per alcuni settori, a rischio sarebbero addirittura 1,25 miliardi di lavoratori, a causa dei licenziamenti e delle riduzioni di orari lavorativi e di salari. Guy Ryder, direttore generale dell’Organizzazione, ha spiegato che “le scelte che facciamo oggi influenzeranno direttamente il modo in cui questa crisi si svilupperà e la vita di miliardi di persone". L’impatto che produrrà il Covid-19 sul mondo del lavoro supererà di molto la crisi finanziaria del periodo 2008-2009.

I settori più a rischio

Facile immaginare che i settori maggiormente a rischio possano essere quelli relativi alla ristorazione, all’alberghiera, alla vendita al dettaglio e alle attività commerciali e amministrative. Tutto dipenderà dalle misure che verranno adottate nelle prossime settimane. Il rischio effettivo, come sottolineato dall’Oil, è che i dati finali possano essere ben superiori rispetto alla stima iniziale che prevedeva un incremento di 25 milioni di disoccupati nel mondo. Purtroppo l’allarme lanciato non è per nulla infondato.

Basti pensare che in questo momento l’81% dei lavoratori, oltre 4 persone su 5 a livello mondiale, hanno la loro attività lavorativa ferma o parzialmente ridotta. E la situazione è la stessaper tutti, sia che si parli di Paesi sviluppati, sia di quelli in via di sviluppo. Ryder ha aggiunto che ci si deve muovere “velocemente, in modo deciso e congiunto. L'adozione tempestiva di misure efficaci potrebbe fare la differenza tra la sopravvivenza e il collasso”. L’Oil ha definito quella che stiamo vivendo adesso la peggiore “crisi globale dopo la Seconda guerra mondiale”. Situazione ancora più devastante in quelle realtà dove i lavoratori occupano posizioni poco qualificate e soprattutto poco retribuite.

Se un Paese fallisce, falliamo tutti

Quattro i punti fondamentali su cui lavorare per scegliere le misure da adottare. Per prima cosa si devono sostenere le imprese. Poi cercare di stimolare l’economia e l’occupazione. Fondamentale anche proteggere i lavoratori. E infine creare un dialogo sociale tra governi, datori di lavoro e lavoratori, in modo da trovare insieme delle soluzioni per rispondere adeguatamente a questa crisi. Ryder ha infine sottolineato che “se un Paese fallisce, allora falliamo tutti.

Dobbiamo trovare soluzioni a livello globale che aiutino tutti i segmenti della nostra società, in particolare quelli che sono maggiormente vulnerabili o meno in grado di aiutare se stessi. Adottando misure efficaci possiamo limitare l'impatto di questa crisi e attenuare le cicatrici che questa lascerà”.

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