Il capo miliziano libico Osama Almasri Njeem non è un agnellino. E probabilmente ha molte vite sulla coscienza.
A differenza di quanto sostiene la stampa italiana, pronta a descriverlo complice dei nostri governi nel blocco dei barconi, Almasri non si occupa però di migranti. E nella prigione dell'aeroporto di Mitiga controllato da Rada, la milizia di cui è numero due, non sono detenuti migranti, ma sospetti terroristi. Non a caso il carcere è monitorato da Cia e MI6, il controspionaggio estero di Sua Maestà. E ad aumentare le perplessità contribuiscono le rivelazioni di una fonte del Giornale che sottolinea come Almasri non appena fuori dal carcere di Torino abbia chiesto alla nostra intelligence, pronta a riportarlo in Libia, di accompagnarlo invece in quella Londra dove aveva soggiornato indisturbato dal 6 al 13 gennaio.
Una richiesta ovviamente respinta, ma decisamente strana visto che il mandato di arresto della Corte penale internazionale riguarda anche il territorio britannico. Vi sono, insomma, almeno tre anomalie che fanno riflettere sul ruolo di Almasri e sulle accuse all'origine dell'avviso di garanzia a Giorgia Meloni, ai ministri Piantedosi e Nordio e al sottosegretario Mantovano.
La prima è il tentativo ben riuscito, grazie al racconto giornalistico, di trasformare Almasri da «cacciatore di terroristi» in «terrore dei migranti».
La seconda è il silenzio sulle reali attività di Rada e Almasri. La terza anomalia riguarda l'indisturbato soggiorno del miliziano in quel Regno Unito da cui arriva Karim Ahmad Khan, ovvero il Procuratore capo della Cpi. Un Procuratore che si è ben guardato dal chiedere l'arresto di Almasri mentre era in Inghilterra, ma lo ha preteso non appena è arrivato in Italia. Tre anomalie di cui farebbero bene ad occuparsi il magistrato che ha firmato gli avvisi di garanzia e i componenti del Copasir chiamati oggi ad occuparsi del caso.
Ma torniamo al ruolo di Almasri e di Rada. La milizia, formata da combattenti salafiti ha una particolarità ideologica.
A contrario dei seguaci del cosiddetto «Islam politico» professato dalla Fratellanza Musulmana - e anche da Al Qaida e Isis - gli uomini di Rada appartengono alla corrente saudita definita quietista per la sua disponibilità ad accettare e difendere la legittimità di regni e governi. Proprio per questo la formazione è diventata il braccio armato di Tripoli nella lotta a quell'Isis che tra il 2015 e il 2016 controllava la provincia di Sirte.
Un ruolo che Rada continua a svolgere per il Ministero dell'Interno di Tripoli. Non a caso il mandato d'arresto della Corte Internazionale parla di «crimini commessi nella Prigione di Mitiga contro persone imprigionate per motivi religiosiper la sospetta contravvenzione all'ideologia religiosa di Rada per presunto appoggio o affiliazione ad altri gruppi armati». Il mandato non cita, insomma, nessuna delle violenze sui migranti descritte dai giornali e usate per mettere sotto accusa il governo.
L'accusa, comunque, non sta in piedi neanche dal punto di vista giuridico. Come recita l'articolo 2 della legge 237/2012 «i rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito.
Il Ministro della giustizia, ove ritenga che ne ricorra la necessità, concorda la propria azione con altri Ministri interessati, con altre istituzioni o con altri organi dello Stato». La decisione su come applicare le richieste della Cpi è, insomma un atto politico. E come tale non può essere oggetto di procedimenti giudiziari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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