L'Ocse prevede e propone per l'Italia l'aumento dell'età di pensionamento a 71 anni per coprire il deficit del sistema pensionistico, che porta, per gli italiani, a una spesa per le pensioni al 15,4% del Pil, percentuale di punta dei Paesi Ocse. In Italia c'è quota 100, che diventerà quota 102, e che consente di andare in pensione a 62-63 anni di età. L'età di legge è 67 anni. Le persone che ora si avvicinano all'età media di andata in pensione dovrebbero lavorare 9-10 anni in più, come schiavi dello Stato, che vuole darci in cambio la pensione contributiva «adeguata». E ancora: rispetto alla media Ocse, la nostra vita è più lunga, e ciò aumenta la spesa per i pensionati. Ma, per pagare gli anni in più di pensione, bisogna aumentare la quota sul Pil dei contributi sociali. Così l'Italia avrà, fra tributi e contributi, una pressione fiscale più elevata di quella attuale, che è già fra le più elevate dei Paesi Ocse. Dalle statistiche emerge che i Paesi che sono alla testa della graduatoria della pressione fiscale sono in coda in quella della crescita del Pil. E ciò genera un circolo vizioso, perché un Pil che aumenta poco o nulla comporta una crescita della percentuale della pressione fiscale, a parità di totale versato. In Italia nel periodo 1999-2011, la pressione fiscale fu il 40% del Pil e la crescita del prodotto nazionale lordo fu solo lo 0,7%. In Germania la pressione fiscale in quel periodo, fu il 35% del Pil e la crescita fu l'1,3% quasi il doppio che in Italia. Nel periodo 2012-2019, in Italia la pressione fiscale fu 43% e la crescita del Pil è stata lo zero per cento. In Germania, la pressione fiscale è salita al 37,1% e la crescita del Pil è stata dell'1,6% perché vi era ampio spazio per aumentare la pressione fiscale per gli investimenti, mentre da noi essi erano diminuiti, e avevamo avuto zero in crescita. Quando per le pensioni pubbliche si adotta il sistema contributivo, adottando la logica liberale della libertà di scelta, si può scegliere l'entità della pensione pubblica, in base agli anni di contributi versati. E, sempre in questa logica liberate, assolto l'obbligo fiscale per lo Stato che ci tutela, abbiamo il diritto di lavorare dopo il pensionamento senza dover versare nuovi contributi per una nuova pensione, salvo una piccola quota per dovere di solidarietà.
Il cittadino può affiancare alla pensione pubblica una pensione privata, un fondo di investimento, un investimento mobiliare o immobiliare o misto. La libertà fa bene all'economia e alla finanza pubblica. E permette di programmare il futuro per se stessi, senza dipendere dalla Stato e da regole che cambiano in continuazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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