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Assolto l'unico condannato per l'omicidio di Ilaria Alpi

Dopo 22 anni dall'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo video operatore manca ancora un colpevole

Assolto l'unico condannato per l'omicidio di Ilaria Alpi

Sono passati 22 anni dall’uccisione della Ilaria Alpi e ancora manca un colpevole. Oggi, infatti, la Corte d'appello di Perugia ha assolto, e dichiarato subito libero, Omar Hashi Hassan dall'accusa di omicidio della giornalista della Rai e del suo cameramen MIran Hrovatin.

Hassan era l’unico condannato per l’uccisione dei due italiani. Il somalo aveva avuto una pena di 26 anni, ma era stato affidato ai servizi sociali dopo aver scontato più di 17 in carcere. Resta, perciò, ancora sconosciuta l’identità dei colpevoli dell’omicidio della cronista del Tg3 inviata in Somalia, uccisa il 20 marzo 1994 a Mogadiscio nel corso di una sparatoria insieme al suo video operatore. La Alpi si trovava lì per seguire la missione Onu "Restore Hope". Quel giorno un commando di sette persone si affianca alla loro auto, esplode numerosi colpi di kalashnikov, poi si dà alla fuga. Il 22 marzo 1994 la procura di Roma avvia una inchiesta e il sostituto procuratore Giuseppe Pititto scopre che sul corpo della giornalista non è stata fatta una autopsia ma solo un esame esterno. Nell’aprile 1996 il pm iscrive sul registro degli indagati, quale mandante del delitto, il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa Yussuf, l'ultima persona che la Alpi aveva intervistato prima di morire. Il movente dell’omicidio sarebbe quello di evitare che venga alla luce un presunto traffico di armi effettuato dai pescherecci di una società italo-somala. La posizione del sultano sarà poi archiviata. L’ 8 maggio 1996 La salma di Ilaria Alpi viene riesumata per una nuova perizia ma non si capisce se la cronista sia stata uccisa con un colpo sparato a bruciapelo oppure a distanza.

Nel 1998 viene arrestato il somalo Omar Hashi Hassan per concorso in duplice omicidio volontario, in qualità di componente del commando, ma il 20 luglio 199 viene assolto dalla corte d'assise di Roma "per non aver commesso il fatto”, nonostante il pm avesse chiesto l’ergastolo. La corte d'assise d'appello, nel novembre del 2000, però, ribalta la sentenza di primo grado e condanna Hassan al carcere a vita. Due anni dopo la Cassazione conferma la condanna per omicidio volontario ma, annullando la sentenza di secondo grado solo all'aggravante della premeditazione e alla mancata concessione delle attenuanti generiche, rinvia il procedimento per nuovo esame ad altra sezione della corte d'assise d'appello. Il 10 maggio 2002 comincia il processo d'appello bis e il 26 giugno arriva la sentenza di condanna a 26 anni di reclusione.

Un anno dopo nasce la commissione parlamentare d'inchiesa Alpi-Hrovatin, presieduta dall'avvocato Carlo Taormina. Nel 2006, dopo tre anni di lavoro, la commissione termina i suoi lavori con tre relazioni, una di maggioranza e due di minoranza. Ufficialmente la Commissione si schiera per l'ipotesi di un tentativo di rapina o di rapimento "conclusosi accidentalmente con la morte delle vittime". La versione alternativa ipotizza che la Alpi abbia scoperto un traffico di armi e di rifiuti tossici illegali nel quale erano coinvolti anche l'esercito e altre istituzioni italiane. Nel 2007 la procura di Roma chiede l'archiviazione per l'inchiesta-stralcio sull'omicidio in quanto non è stato possibile accertare altre responsabilità oltre a quella di Hassan. Nel febbraio 2010 il gip Emanuele Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione perché ritiene che la Alpi sia stata uccisa su commissione per farla tacere. A novembre dello stesso anno inizia il processo contro Ali Ahnmed detto "Jelle", il principale accusatore di Hassan e l’ipotesi di reato è calunnia, pronunciata per sviare le indagini. Si costituiscono parte civile la madre di Ilaria e lo stesso Hassan. La presidenza della Camera, su iniziativa della presidente Boldrini, nel 2013 avvia la desecretazione degli atti delle Commissioni d'inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi che avverrà nel maggio dell'anno successivo.

Nel febbraio 2015 Jelle, fuggito all'estero, ritratta: "Hassan è innocente, io neanche c'ero. Mi hanno chiesto di indicare un uomo" e così il 14 gennaio 2016, su istanza degli avvocati di Hassan, la corte d'appello di Perugia riapre il processo per il somalo. Oggi la vicenda si chiude con un'assoluzione.

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