Ennesimo episodio legato alla vicenda Banca Etruria. Il protagonista è un pensionato settantenne di Lamporecchio (provincia di Pistoia), che da quando ha perso i propri risparmi non è mai mancato a nessuna delle manifestazioni in giro per tutta l’Italia, sempre accompagnato dal fido megafono: da Arezzo, vero e proprio occhio del ciclone, fino ad arrivare a Firenze e Roma, cuore politico del caso Etruria, ed in ogni piazza nella quale esplodesse la rabbia dei risparmiatori beffati.
Angiolino Campigli, questo il suo nome, ha per la prima volta abbandonato il megafono e raccontato la sua vicenda personale, prima in aula e poi ai giornalisti de La Nazione.
“ Sono un vecchio cliente di Banca Etruria”, spiega l’uomo, “nella filiale di Lamporecchio avevo questi 100 mila euro investiti in obbligazioni”. Senior o subordinate, potrebbe venir da chiedergli, ma l’anziano confessa candidamente la sua ignoranza a riguardo: “Non ci capisco molto. Credo che fossero ordinarie, ma era una distinzione che mi era del tutto ignota nel momento in cui è scoppiato il bubbone”.
Fatto sta che Campigli agli investimenti bancari predilige il buon vecchio e caro mattone: per questo motivo vende le obbligazioni, che con quelle di Etruria non c’entrano nulla, per comprare un piccolo appartamento che gli frutta un modesto guadagno. Poco dopo lo chiamano proprio dalla banca: “Hai comprato?”, “No, ancora no.”, risponde l’anziano, prima che gli venga fatta una proposta: “E allora perché intanto non togli i soldi dal conto corrente e li investi? Almeno ti rendono qualcosa”.
Campigli si lascia convincere e sottoscrive la prima tranche delle subordinate Etruria del 2013 in primavera. Dopo qualche mese arriva a casa il primo estratto conto, da cui si evinceva una forte perdita di qualche migliaio di euro; ovviamente si precipita subito in banca per avere dei chiarimenti a riguardo, ma viene rassicurato: “Stai tranquillo, vedrai che risaliranno”.
L’estratto conto successivo è ancora più drammatico, la perdita si è ulteriormente allargata; tuttavia ancora una volta in filiale gli consigliano calma: non c’è nessun pericolo, al massimo al momento della scadenza quinquennale potrà riavere per intero il suo capitale.
Si arriva così al 2015 ed al famoso commissariamento di Banca Etruria, Campigli, come altri numerosissimi investitori, cerca di correre ai ripari: “Le perdite erano salite ancora. Andai in banca ancora una volta e dissi basta: vendete questi titoli, non voglio più saperne. Almeno salvo una parte del capitale. Ma i dipendenti alzarono le braccia: le subordinate non hanno più mercato, impossibile piazzarle. Chi le ha se le tiene”.
In teoria non dovrebbe trattarsi della parola fine sulla vicenda, dato che in seguito alla scadenza l’istituto bancario dovrebbe rimborsare integralmente i sottoscrittori.
Tuttavia Bpel è nell’occhio del ciclone e quando si giunge al momento della risoluzione (22 novembre 2015) le subordinate di Campigli diventano carta straccia.Da allora l’anziano, pensionato ed ex ambulante, con in pugno il fido megafono, gira l’Italia per gridare il suo dissenso e raccontare la sua storia; una storia, purtroppo, comune a migliaia di altri risparmiatori.
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