Le bandiere nel calcio sono belle se sono poche

Totti contro i "calciatori nomadi" Pjanic e Higuain

Le bandiere nel calcio sono belle se sono poche

Non c'è niente di più insopportabile della retorica delle bandiere che non ci sono più fino a quando non è una bandiera che ne parla. Quindi arriva Francesco Totti e dice quello che pochi altri possono dire senza apparire ridicoli: «I calciatori oggi sono un po' come i nomadi, seguono i soldi e non il cuore. Se avessi pensato solo ai soldi avrei lasciato la Roma 10 anni fa. Avrei guadagnato di più di quanto faccio ora. Per me si tratta di altro, di passione, non di soldi».

La diversità sta nei 25 anni giocati con la stessa maglia, quella - peraltro - della sua città. Totti può permettersi di dirlo, altri no. Ce l'ha con Pjanic e Higuain. L'operazione che ha portato l'argentino a Torino in realtà è perfetta: contento il venditore (il Napoli) che incassa 94 milioni; contento l'acquirente (la Juventus) che compra il miglior attaccante del campionato italiano e tra i primi 5 del mondo; contento il calciatore. È il calciomercato, questo. Ovvero ciò che spesso riempie i sogni dei tifosi e ogni tanto si trasforma in incubo. Come è stato per i tifosi del Napoli. Ciò che forse si sottovaluta è che Higuain non era un simbolo. Era un leader, che è una cosa diversa. E non è detto che tutti i leader si trasformino in simboli. Se anche fosse rimasto per altri due, tre anni, sarebbe diventato una bandiera? Non ne ha la voglia e la voglia non gliela puoi imporre.

Il calcio non è fatto per le storie durature da sempre: prima erano le regole che impedivano passaggi da squadra a squadra molto frequenti. Poi ci sono quelli che fanno altre scelte. Ci sono i Totti. E se non ce ne sono di più è quasi meglio: per paradosso le bandiere non sarebbero più bandiere.

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