Basta sussidi e vecchio statalismo: ecco perché l'autonomia fa bene al Sud

La questione meridionale: qualche buona ragione per scommettere sul Sud

Basta sussidi e vecchio statalismo: ecco perché l'autonomia fa bene al Sud
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La Prima Repubblica morì al Nord. Sullo sfondo della fine della Guerra Fredda, in quella parte del Paese saltò lo scambio, in parte perverso, tra politica e società civile. Per l'Italia che cresceva come mai forse prima, i partiti divennero palle al piede; sanguisughe da staccarsi di dosso per rimanere agganciati alle sorti progressive del benessere.

Questo accadde ben prima dello scoppio di Tangentopoli. «Mani Pulite» - anch'essa di matrice settentrionale - ne fu l'effetto, non la causa. Fin quando, di fronte a partiti storici che avevano abdicato alla loro funzione nazionale, il fenomeno non giunse a bagnare Napoli; sbaragliò la «Corrente del Golfo» e si propose come trait d'union tra le diverse parti di un Paese sconvolto da una confusa transizione.

La Seconda Repubblica, invece, si è spenta al Sud. È accaduto nel 2013, quando terre per atavica vocazione governative, votarono in massa contro il sistema. Il Movimento Cinque Stelle, che con il reddito di cittadinanza aveva proposto la statalizzazione dello scambio clientelare, ricevette dal Mezzogiorno una forza, prima di allora mai a nessuno concessa.

La mappa elettorale del Sud divenne una compatta distesa gialla (colore che indicava i collegi conquistati dai pentastellati), mentre i pochissimi collegi salvati dal centrodestra si tramutarono in villaggi di Asterix al tempo dell'Impero romano. Saltò allora il bipolarismo, che dal 1994 era stata la colonna sonora della politica italiana. Si aprì una stagione d'isteria politica, durante la quale i governi non furono più decisi dagli elettori.

Quella fase si è chiusa con le elezioni del 2022. La ferita del Mezzogiorno, però, non si è rimarginata. È solo penetrata sottopelle e, per questo, si è fatta più difficile da aggredire. In quella parte del Paese resiste un istinto oppositivo, manifestatosi ancora con le ultime elezioni europee.

Non a caso l'unica circoscrizione nella quale il Pd è riuscito a scalzare Fratelli d'Italia dal trono di partito di maggioranza relativa è stata quella meridionale.

Eppure, i dati del Sud sono tutt'altro che malvagi. Le stime sul Pil indicano una crescita in linea con quella del Paese, dopo il rimbalzo post pandemico del 10,7% e la crescita cumulativa tra 2019 e 2023 al 3,4%.

Quel che ancor di più conta, nelle quattro sfide cruciali del nostro tempo - demografia, geopolitica, energia e innovazione tecnologica - il Mezzogiorno è ben posizionato. Per quel che concerne la questione demografica, i dati sono in linea con quelli nazionali: la variazione della popolazione resta stabilmente negativa, con l'aggravante che negli ultimi 10 anni, 1 milione di giovani se ne è andato. Se si approfondisce, però, si scopre che al Sud è più alta l'incidenza degli under 35 (il 18,6% rispetto al 16,9% del Nord), e l'indice che misura il loro spirito imprenditoriale è elevato come non mai: il 74%.

Nella gioventù meridionale resiste, inoltre, un'idea di famiglia formata da genitori con figli che altrove, purtroppo, si va smarrendo. La posizione geografica, poi, può consentire al Sud di sfruttare le dinamiche geopolitiche del Mediterraneo, proponendosi come crocevia tra Europa, Africa e Asia. E l'energia rappresenta un'altra grande opportunità, visto che in questa parte del Paese si produce già oggi quasi il 40% di quella rinnovabile. Più controversi i dati che concernono l'innovazione, anche se il numero di imprese meridionali che sperimentano l'intelligenza artificiale non è lontanissimo dalla media europea.

Ce ne è abbastanza per affermare che il combinato disposto tra posizione strategica, risorse naturali, risorse umane e innovazione tecnologica, potrebbe far divenire il Mezzogiorno d'Italia uno dei motori della crescita. Anche al di là e oltre i suoi mali endemici.

Urge, però, una strategia politica atta a convincere le popolazioni che il proverbiale bicchiere sia per loro mezzo pieno. Anche perché, nelle file della maggioranza, c'è chi si sforza di far credere che lo si voglia svuotare del tutto.

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