Da Belpaese a Stranopaese

Matteo Salvini per qualcuno potrà avere mille difetti ma sicuramente nessuno può rimproverargli di non dire pane al pane e vino al vino.

Da Belpaese a Stranopaese

Matteo Salvini per qualcuno potrà avere mille difetti ma sicuramente nessuno può rimproverargli di non dire pane al pane e vino al vino. E l'altro giorno quella frase sull'ipotesi di Mario Draghi al Quirinale, uscita dal profondo, contiene una verità: «Ma come, io faccio lo sforzo enorme di governare con il Pd, e lui se ne va?». Eh sì, perché per chi non lo rammentasse, questo è un governo di «responsabilità», un esecutivo cioè che si basa sul senso di responsabilità di tutti quelli che hanno deciso di farne parte al costo di perdere consensi (e il primo a saperlo è proprio il leader della Lega a cui questo coraggio spesso non è riconosciuto). Tant'è che non è stato messo in piedi da vertici dei segretari o con le liturgie tradizionali. Addirittura i ministri non sono stati indicati dai leader di partito, ma è stato lo stesso Premier a sceglierli. Ora è difficile immaginare che in una situazione difficile come l'attuale, con l'idea che si ventila di imporre il Green pass agli studenti a scuola, il Premier possa decidere di mollare, mandando tutto all'aria, se non viene eletto al Quirinale. L'epilogo tra il comico e il tragico del governo della «responsabilità» sarebbe, quindi, un atto «irresponsabile».

Difficile crederci ma è la vulgata che gira, buttata lì come un'eventualità non spiegata. L'altra sera in una trasmissione su Rete4, Stasera Italia, colleghi che stimo l'hanno tirata fuori ma non l'hanno corredata con una «ratio». Appunto, è l'insostenibile leggerezza del mainstream nostrano su cui una certa cultura, affetta da strabismo di sinistra, esercita una sorta di egemonia. Poi, però, basta inserire un'idea del genere in un simulatore e viene da ridere. Ve lo immaginate Draghi che sale al Colle e rimette il mandato nelle mani del nuovo Capo dello Stato con questa motivazione: «Dato che avrei voluto essere al tuo posto, su quella poltrona, mi dimetto da Premier». Il solo immaginarlo è offensivo nei confronti del personaggio Draghi.

Eppure, c'è chi , non si sa se consapevolmente o meno, o magari solo strumentalmente per incutere terrore nell'animo dei parlamentari che hanno paura delle elezioni, continua a ventilarla. E se solo tenti di mettere nelle discussioni un minimo di buonsenso, ti accusano di fare la campagna per Berlusconi o per qualcun altro. Invece, è facile capire che tanto è difficile far cadere Draghi in un momento del genere, quanto è complesso, se non impossibile, rimettere in piedi un governo al posto di questo. E' la più semplice delle verità. Salvini docet. Ma come avveniva neppure un anno fa con Conte, anche oggi con Draghi nel nostro Paese è in voga essere più realisti del Re. Le mode, i giudizi, il buonsenso vengono sempre piegate all'obiettivo di turno.

Per cui se per un certo mondo un tempo il Financial Times era una specie di Bibbia, ora che consiglia di tenere Draghi al governo è considerato autorevole quanto Topolino. E l'Economist, per lo stesso motivo, è trattato come un'appendice della Settimana Enigmistica. Già, da Belpaese a Stranopaese.

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