Bibbiano, parla un papà finito nella rete dei "demoni": "Così volevano portare via mia figlia"

"Andavamo agli incontri con le assistenti. Ricordo ancora il primo, in cui mi comunicano la volontà di portarmi via i figli”

Bibbiano, parla un papà finito nella rete dei "demoni": "Così volevano portare via mia figlia"

"Certe ferite non si cicatrizzano mai". Paolo è ancora scosso quando racconta di come è caduto nell’inferno dei "demoni" di Bibbiano. “Sono finito in quella rete, volevano portarmi via i figli. Ora vorrei solo dimenticare tutto quello che ho passato”.

Il calvario di Paolo è iniziato nel 2016 come riporta il Messaggero.it. Sua figlia, che ai tempi aveva solo 16 anni, invia al fidanzatino alcune foto provocanti. Ma, come spesso succede, i due ragazzi dopo poco si lasciano. L’ex fidanzato inizia a minacciare la ragazza e a ricattarla. Vuole che lei continui a mandargli quelle foto senza veli. L’adolescente, impaurita, a quel punto decide di raccontare tutto ai suoi genitori. “Io e mia moglie non sapevamo nulla, ovviamente avremmo impedito che facesse una simile cosa”, spiega Paolo. Che decide di prendere la situazione in mano e denunciare tutto alla polizia postale.

Ma, nel mentre, ecco che scoppia il caos. “La scuola aveva contattato i servizi sociali”, racconta ancora il papà. La famiglia si ritrovò tutto d’un tratto ad agire sotto il controllo degli assistenti sociali, solo perché la loro figlia era stata vittima di un ricatto. Paolo fa ancora fatica a crederci: “Noi eravamo vittime di un ricatto e contemporaneamente ci trovavamo sotto pressione da parte dello Stato”. Secondo i racconti dell’uomo, che ricorda bene il primo incontro con la responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, non c’erano dubbi: “Voleva portarmi via i figli”. Ma quale era la colpa dei genitori? “In pratica se mia figlia inviava foto osé era colpa mia. Ero considerato un padre inadeguato e si sospettava la prostituzione di mia figlia”. E questo nonostante fosse stato proprio il padre a denunciare il fatto alla polizia.

Ma niente da fare. I servizi sociali non volevano sentire spiegazioni. E, in poco tempo, la segnalazione arriva al tribunale dei minori. Paolo e sua moglie erano distrutti. Senza nessuna colpa si erano ritrovati schiacciati da accuse atroci, accuse infondate, da quanto racconta il padre. “Volevo scappare con mia moglie e i miei figli all'estero, rientrare in Italia quando loro avrebbero compiuto la maggiore età”, racconta Paolo. Ma alla fine i genitori decisero di affrontare la situazione e di rivolgersi ad un legale per portare alla luce la verità dei fatti. Lottarono perché quell’ingiustizia non avesse la meglio sulla realtà dei fatti. "Abbiamo speso tanti soldi in avvocati - racconta il papà - poi andavamo agli incontri con le assistenti. Ricordo ancora il primo, in cui mi comunicano la volontà di portarmi via i figli”. E se Paolo tra rabbia e sofferenza riesce a lottare con tutte le forze sua moglie non riesce a sopportare il colpo. “Mia moglie emotiva, nel frattempo sta male e perde il lavoro”. Una lotta che si fa sempre più dura. Gli incontri continuano, e gli psicologi insistono nel riempire di domande i genitori. “Agli incontri mi chiedevano costantemente la situazione economica, volevano sapere che malattie avessero colpito i miei parenti”. Tutto per un solo scopo secondo papà Paolo. “Cercavano elementi per portarmi via i figli. Non gli interessava, ammesso che ci fossero, eventuali problemi da risolvere”. Ne è certo l’uomo. Che, agli assistenti, arriva persino a dire “Mi dovete sparare”.

Due anni di agonia. Fino a quando, il 26 luglio del 2018, arriva la notizia che mette fine all’inferno.

Il tribunale dei minori di Bologna ha deciso: “All'esito dell'istruttoria non vi è più motivo di limitare la responsabilità genitoriale e di conseguenza si revocano i decreti provvisori”. A Paolo e sua moglie nessuno potrà più strappare via la figlia. Finisce anche l’intervento dei servizi sociali. Vince la verità. Almeno questa volta.

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