Il ritrovamento di una decina di biciclette nel Naviglio Grande, a Milano, obbliga a qualche considerazione di carattere generale, dato che ci trasmette un'immagine desolante della società in cui viviamo.
Com'è potuto succedere? Nel capoluogo lombardo vi sono imprese che permettono un utilizzo gratuito di biciclette. È sufficiente dare il proprio indirizzo e-mail e un numero di cellulare (oltre al numero della carta di credito, anche se il servizio non ha oneri), e si può girare su due ruote senza spendere un euro. Il guaio è che, dopo avere usufruito del servizio, c'è chi toglie il sellino, chi rompe i fanali, chi rovina il manubrio: arrivando perfino a gettare il mezzo nei canali cittadini. Tale inciviltà mette tristezza, ma si deve egualmente provare a capirne le ragioni. E ciò che sappiamo da sempre è che gli esseri umani non sono portati ad attribuire valore a quanto ricevono senza lavorare. Vale per i bambini, a cui si deve chiedere di fare la propria parte; e ancor più vale per gli adolescenti e gli stessi adulti, cui in ogni momento va ricordato il celebre motto secondo cui «nessun pasto è gratis».
Quando un ragazzo può disporre senza costo di una bicicletta, non c'è da stupirsi se non le attribuisce dignità. Si tratta di un atteggiamento sbagliato, ma non incomprensibile. In questo senso è preoccupante che le giovani generazioni siano cresciute in un contesto nel quale molte delle cose che a loro interessano di più (dalla musica ai videogames, ai film) siano in parte disponibili a costo zero, poiché scaricabili dalla rete. E non dimentichiamo che lo stesso sta succedendo ai giornali, che in molte occasioni vengono distribuiti gratuitamente: con la conseguenza che ormai tanti li rifiutano, come non di rado succede quando si viaggia in treno. Eliminare l'onere del prezzo, alla fine, fa sì che perfino prodotti che hanno un'antica dignità e possono essere un utile strumento di crescita vengono ormai snobbati e svalutati.
L'affermarsi di modelli di business basati sulla pubblicità, insieme al contemporaneo sviluppo di una serie di infrastrutture statali che si utilizzano anche senza pagare, ha portato all'imporsi della convinzione che in fondo si può ottenere quasi ogni cosa senza fare sacrifici. Se tutto è tassabile e distribuibile, per quale motivo la proprietà altrui dovrebbe essere rispettata? È chiaro che qualsiasi bene o servizio andrebbe guadagnato con l'impegno, il lavoro, la fatica. In un quadro di quel tipo, s'instaura una logica che forma il carattere, fa comprendere l'importanza di utilizzare nel modo dovuto quanto si ha, valorizza l'impegno in quanto tale, spinge a rispettare il prossimo.
Di fronte ai vandalismi riportati dalla cronaca, è forte allora l'impressione che stiano venendo meno alcuni tratti culturali e caratteriali che, in passato, consideravamo normali. Per recuperare il terreno perduto è però necessario che quanti hanno il compito di educare sappiano indicare il nesso che collega ogni beneficio a un costo, ogni ricchezza a una fatica. Se non sarà così, tutto perderà senso e consistenza.
Quando nei giorni scorsi molti studenti delle scuole superiori hanno parlato di sfruttamento dinanzi agli stage nelle aziende (rifiutando l'alternanza scuolalavoro e la sua funzione educatrice), lo spettacolo è stato desolante. E, in effetti, per un'umanità che non rispetta il lavoro e la proprietà è difficile immaginare un futuro. E dove tutto diventa gratis, ogni cosa non vale più niente.
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