Bizantinismi pericolosi

L'ultima ipotesi uscita dal cilindro di un Pd disperato, in cerca d'autore nella corsa al Quirinale, è una proposta di legge costituzionale che abolisce il semestre bianco e nega la rieleggibilità del Capo dello Stato.

Bizantinismi pericolosi

Se c'è un'ottima regola in politica è quella che consiglia di avanzare proposte che possano essere comprese dai cittadini. Ebbene, l'ultima ipotesi uscita dal cilindro di un Pd disperato, in cerca d'autore nella corsa al Quirinale, è una proposta di legge costituzionale che abolisce il semestre bianco, cioè il divieto al Presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento negli ultimi sei mesi del suo mandato, e nega la rieleggibilità del Capo dello Stato. Proposta ineccepibile, se non fosse accompagnata da un «non detto» paradossale: la legge che dovrebbe essere approvata da qui alla fine del 2022, nei desiderata dei proponenti, potrebbe, infatti, convincere Sergio Mattarella ad accettare la rielezione. Il ragionamento che è alla base dell'operazione è bizantinismo allo stato puro: visto che all'attuale Capo dello Stato non piace l'idea di un inquilino del Colle che per la durata dell'incarico somigli ad un papato, per evitargli l'imbarazzo si mette in cantiere una regola che nel futuro preveda per il presidente un unico mandato di sette anni e scongiuri il rischio che un'eventuale rielezione di Mattarella, dopo quella di Napolitano, si trasformi in una consuetudine. Quindi, all'opinione pubblica dovresti spiegare che da una parte togli la possibilità di rielezione del Presidente e dall'altra confermi Mattarella al Quirinale. Un meccanismo cavilloso, al limite della perversione razionale, che rischia di gettare nel ridicolo le Istituzioni.

Probabilmente il primo ad essere rimasto perplesso di fronte a questa trovata sconcertante è stato proprio l'attuale Presidente (questo almeno dicono gli spifferi del Colle). Ma, purtroppo, un Pd senza un candidato competitivo è una fucina pericolosa di ipotesi campate in aria, che finiscono per complicare ancora di più la situazione. Pure l'altra possibilità in voga, il trasloco di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale, fortissimamente voluta dall'interessato, oltre a portarsi dietro le elezioni a giugno (sarebbe una grande ipocrisia nasconderlo), pone problemi istituzionali risolvibili magari in periodi normali, ma che nell'emergenza appaiono estremamente complessi. Se Draghi andrà al Quirinale nelle mani di chi rimetterà il mandato? Di se stesso? E sarà lo stesso Premier dimissionario a condurre le consultazioni da Presidente? Gli uffici dei Palazzi istituzionali discretamente si stanno arrovellando sull'argomento. E, purtroppo, non gli è d'aiuto neppure il paragone con il modello che Draghi si è dato, cioè Carlo Azeglio Ciampi, che fu eletto al Colle da ministro dell'Economia, non da Premier.

Insomma, purtroppo in queste elezioni nulla è chiaro, neppure le intenzioni dei partiti. Nel centrodestra tutti, a parole, sono per Silvio Berlusconi, poi da Fratelli d'Italia fanno sapere che, oltre all'ipotesi «A», c'è bisogno di una subordinata «B» e, magari, «C».

Ma, come disse l'allora segretario della Dc, Ciriaco De Mita, nell'occasione dell'elezione di Francesco Cossiga al Quirinale, è evidente che le presenza di «subordinate» depotenzia la proposta principale. Altri bizantinismi, appunto. Solo che con i bizantinismi ci si può pure fare male.

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