“Stiamo indagando ormai da tempo e posso dire che si tratta di un fenomeno cresciuto a dismisura. Esiste certamente, però stiamo cercando di scoprire in quali dimensioni e soprattutto con quali sistemi. Anche perché si tratta di un fenomeno emulativo e quindi ad altissimo rischio”. Nunzia Ciardi, direttrice della Polizia Postale, in un’intervista al Corriere della Sera, parla del “blue whale” e racconta di aver formato una squadra di oltre 2.000 agenti specializzata nel monitoraggio del web e del contrasto a questo fenomeno.
“Oltre al tentato suicidio di una ragazza a Pescara, abbiamo scoperto diverse conversazioni tra ragazze che lasciano presumere una dinamica identica a quella scoperta in Russia, anche se non abbiamo ancora riscontro che siano guidate da un ‘tutor’”, dice la Ciardi che sta lavorando su circa 40 denunce ricevute nelle quali si faceva un chiaro riferimento al “blue whale”. Questo “tutor” impartiva dalla Russia dei veri e propri ordini ai suoi seguaci che venivano agganciati con un hashtag su Facebook. “Poi - racconta la Ciardi - partivano le disposizioni: tagliati le braccia, svegliati alle 4 di mattina e gira per casa, guarda un film dell’orrore, infliggiti un grande dolore, fatti una balena blu sul braccio. Era un crescendo per 50 giorni fino all’ordine finale: ucciditi”.
La direttrice della polizia postale descrive un quadro molto preoccupante: “Ci hanno scritto molti genitori, ma anche insegnanti. Molti ragazzi ci hanno segnalato post che avevano trovato su Facebook o su Instagram. Abbiamo scoperto che anche su whatsapp ci sono gruppi che parlano del gioco e non possiamo escludere che lo stiano organizzando”. “Ascoltiamo tutti e verifichiamo ogni dettaglio, naturalmente senza sottovalutare la psicosi che si è creata. Due giorni fa – racconta - abbiamo denunciato un diciottenne per procurato allarme: aveva scritto su Facebook di essere arrivato al cinquantesimo giorno ma quando siamo arrivati a casa sua ha confessato di aver fatto uno scherzo”. Il vero pericolo è l’emulazione: “Il rischio esiste perché è un fenomeno che fa leva sulla vulnerabilità dei ragazzi.
Spesso il disagio giovanile si salda con l’emulazione ed è su questo che bisogna porre la massima attenzione. È l’appello che rivolgiamo ai genitori, ai professori ma soprattutto ai ragazzi: attenzione a cogliere segni anche minimi di malessere, attenzione a manifestazioni di autolesionismo”.
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