L'immagine di un corpo, ormai inerme, carbonizzato fino al bacino nelle campagne di Borgo Mezzanone a due passi da Manfredonia in provincia di Foggia.
Un'immagine (guarda), nella sua crudezza, simbolo della violenza, non solo sulle donne ma sul genere umano in una terra di nessuno dove il crimine, sia esso rappresentato dalla droga o dai corpi in vendita, non perdona.
Secondo le prime indagini svolte dai carabinieri la donna, di origine africana potrebbe essere stata arsa viva tra il Cara, il Centro di prima accoglienza di Borgo Mezzanone e “la pista”, l'ex centro di accoglienza oggi tendopoli, dove vive chi, superando i limiti temporali di permanenza nella struttura di accoglienza, deve lasciarla. "La pista", dove non vige nessuna regola.
La giovane nigeriana, appena ventenne, probabilmente viveva proprio all'esterno del Cara, conosceva la cruda vita della "pista" e forse, come tante sue, conterranee si prostituiva. L'identità non è ancora conosciuta, sono in corso le analisi delle sue impronte digitali da parte degli investigatori.
A trovare il corpo della povera vittima di un'insensata follia omicida, un bracciante, uno dei tanti, che vive nel Centro dio accoglienza e ogni mattina va a lavorare in campagna.
Il corpo era nei pressi di una vigna, riverso per terra.
L'immagine della donna spiega, senza troppi giri di parole, la vita in quella terra di nessuno dimenticata quasi da tutti. Lì dove vive l'Africa nei container, un continente in miniatura, stipato in quelle lamiere gelide d'inverno e roventi d'estate.
Anche se Borgo Mezzanone non è l'unica tendopoli dauna dove il disagio dell'immigrazione s'impasta alla feroce demolizione della dignità umana.
E chissà quante vite rischiano ancora di essere spezzate da questa tragica realtà.
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