Saranno probabilmente le indagini dei Nas a chiarire il caso dei pazienti ortopedici del Pronto soccorso di Reggio Calabria “medicati” con il cartone. Ieri, gli ispettori inviati dal ministero hanno acquisito documenti e interrogato medici e degenti dei vari reparti. Nel frattempo, infuriano le polemiche per una vicenda che i vertici del Grande ospedale metropolitano potrebbero non aver chiarito fino in fondo. Tra rimpalli di responsabilità e ricostruzioni non perfettamente sincronizzate tra loro.
Il primo punto certo è che la veridicità delle foto circolate – che documentano l'esistenza di almeno 4 casi di persone “trattate” con cartone – non è mai stata messa in discussione dai vertici dell'ospedale. Il secondo è che, almeno in una circostanza, una paziente – ma potrebbe trattarsi di un paziente, anche questo non è del tutto chiaro – sarebbe stata immobilizzata con un “tutore” di cartone radiotrasparente. A confermarlo è stato il direttore generale dell'Azienda, Frank Benedetto, in una informativa recapitata al presidente della Regione, Mario Oliverio.
Benedetto, dopo aver riferito l'episodio di un paziente "immobilizzato sul luogo dell'incidente con cartone", racconta il caso di una donna, O.G., a cui, in un primo momento, i sanitari del 118 applicano un "tutore con anima di metallo". Poi, arrivata in ospedale, viene trasferita in Radiologia "con immobilizzazione provvisoria di 'cartone' e radiotrasparente". Dunque, il supporto di cartone, sostiene il dg dell'ospedale, sarebbe stato applicato in Pronto soccorso. "Successivamente alla radiografie (la paziente, ndr) effettuava consulenza ortopedica nell'ambito della quale veniva rimosso l'immobilizzazione provvisoria di “cartone” e veniva applicata valva gessata di posizione".
Ma lo scandalo è figlio di un solo episodio? Non secondo Gianluigi Scaffidi, sindacalista dell'Anaao-Assomed: "Non è vero che si tratta di un solo caso avvenuto in assenza del primario. I casi accertati sono quattro, almeno quelli di cui abbiamo conferma fotografica". E a rincarare la dose ci ha pensato Carlo Palermo, che dell'Anaao-Assomed è il segretario nazionale: "Come un ospedale da campo in tempo di guerra. Il risparmio elevato a sistema, l’arte di arrangiarsi a pratica terapeutica".
Del resto, i vertici dell'ospedale forniscono ricostruzioni abbastanza contraddittorie. In una dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera il 31 luglio, il primario del Pronto soccorso, Angelo Ianni, conferma un solo caso, a differenza di Benedetto che ne segnala due, seppur diversi.
"Io non c'ero quel giorno – spiega il primario –, però posso immaginare che il medico che ha visitato la paziente ha deciso di bloccarle l'arto con il cartone per evitare complicazioni più gravi (…) io non ho mai ricevuto segnalazioni di altri episodi simili, questo è l'unico caso di cui ho contezza". Ianni, però, in una successiva dichiarazione all'Ansa, sembra smentirsi con un'altra versione: non più un paziente donna, ma un uomo; non più una immobilizzazione applicata da un medico, ma un infortunato che arriva in ospedale già “incartonato”: "Il paziente – spiega Ianni – è arrivato in pronto soccorso già con la stabilizzazione di cartone e noi non l’abbiamo tolta solo per evitare di perdere tempo e per fare subito una radiografia allo scopo di prevenire eventuali complicazioni. Abbiamo proceduto subito dopo il triage e la visita a fare la radiografia utilizzando come immobilizzatore il cartone per verificare che non ci fossero danni all’arto del paziente. Non abbiamo tolto il cartone per non perdere tempo ma anche perché i tutori che si utilizzano sono anch’essi di cartone. Sono solo esteticamente più gradevoli".
L'altra zona d'ombra riguarda gli strumenti a disposizione dei medici del Pronto soccorso. Ianni, al Corsera, ammette che "è vero, al Pronto soccorso mancavano le clip che si usano per immobilizzare gli arti infortunati, io ho fatto richiesta con lettera protocollata già nel mese di marzo. E questo potrebbe aver costretto il medico di turno a prendere la decisione di immobilizzare l'arto con la prima cosa utile che gli è capitata". Un racconto che non combacia con quello di Benedetto che, in una dichiarazione rilasciata alla Gazzetta del Sud, specifica che il trattamento col cartone non è una "prassi consolidata" perché "non c'è carenza di tutori e presidi di questo genere".
Intanto, c'è chi fa notare l'“accuratezza” delle fasciature in cartone ritratte nelle foto: alcune sembrano ben fatte e – a parte il materiale usato – con un bendaggio professionale. Inoltre, fonti interne all'ospedale assicurano che la dicitura che si legge sulla gessatura di cartone di un paziente infortunato al braccio, “B Braun”, è il nome della marca che fornirebbe le flebo al Pronto soccorso di Reggio.
Ovviamente, infuria anche la polemica politica. Il parlamentare di Forza Italia Marco Siclari ha denunciato in Senato il trattamento ricevuto da cittadini che "non solo soffrono per la malattia e l'incidente subito, ma soffrono per un'ingiustizia sociale". Altri due parlamentari, il senatore di Fi Giuseppe Mangialavori e la deputata di Fratelli d'Italia Wanda Ferro, hanno presentato interrogazioni urgenti al ministro della Salute Giulia Grillo.
Che, a sua volta, in seguito allo scoppio dello scandalo, ha assicurato un impegno per fare "emergere tutte le responsabilità", dal momento che quanto accaduto al Pronto soccorso di Reggio "è di una gravità estrema" e "frutto di evidenti e ingiustificabili carenze organizzative".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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