Business rom: nel mirino della Procura coop e politici

Tra cooperative rosse e vertici delle partecipate del capoluogo piemontese, l’indagine sull’appalto rom da 5milioni di euro si allarga: coinvolto anche un vendoliano doc

Business rom: nel mirino della Procura coop e politici

L’indagine sull’appalto rom da 5milioni di euro, partita da Torino oltre un anno fa, si allarga. Tra cooperative rosse e vertici delle partecipate del capoluogo piemontese, adesso, gli indagati da 3 diventano 11, ed è coinvolto anche l’ex consigliere comunale di Sinistra e Libertà, Michele Curto.

Nei giorni scorsi lo scandalo “appalto rom” ha ripreso vigore in seguito al provvedimento di sequestro, emesso dal gip Giorgio Potito, di circa 400mila euro e con la modifica dell’ipotesi di reato da “turbativa d’asta” alla più grave fattispecie di “truffa aggravata ai danni dello Stato”.

L’inchiesta è stata aperta grazie ad un esposto di Fratelli d’Italia che, nel 2015, con due dossier presentati alla Procura di Torino, denunciava “la condotta opaca delle cooperative sociali vincitrici dell’appalto milionario per il superamento dei campi rom abusivi”.

Di lì a poco l’inchiesta si è articolata in vari filoni. Come spiega a Il Giornale Maurizio Marrone, consigliere regionale promotore della segnalazione, “il filone originario dell’indagine era quello dell’housing abusivo del cosiddetto ras delle soffitte”. In poche parole, le cooperative appaltatrici - Animazione Valdocco, Terra del Fuoco ed Associazione Italiana Zingari Oggi - incaricate di favorire l’uscita dei rom dai campi abusivi, favorendone l’inclusione, avrebbero invece “parcheggiato” i nomadi in un residence privato, nemmeno accatastato come struttura abitabile, di proprietà di società di comodo riconducibili all’immobiliarista Giorgio Molino.

“Poi - prosegue Marrone al telefono con Il Giornale - è emerso un subappalto della raccolta dei rifiuti dal campo rom abusivo inspiegabilmente affidata ad una società di organizzazione eventi”. Il fratello del titolare di questa società, spiega Marrone, “è vicepresidente di una delle associazioni vincitrici della gara ‘incriminata’, risulta indagato anche lui, ma ancora ricopre l’incarico di amministratore unico di tutte le farmacie comunali di Torino”.

Infine, adesso, arriva il sequestro di 13.489 euro disposto dal gip torinese a scapito dell’ex capogruppo comunale di Sel durante l’amministrazione Fassino, Michele Curto, fondatore ed ex presidente di Terra del Fuoco. Stando a quello che dicono le carte, secondo il pm, Andrea Padalino, il vendoliano avrebbe stretto “un accordo fraudolento” con un’impresa locale, il cui titolare risulta anch’egli iscritto nel registro degli indagati, per farsi assumere fittiziamente e percepire così uno stipendio costituito esclusivamente dai rimborsi comunali.

Ma, mentre “l’affare rom” si allarga a macchia d’olio, assumendo contorni sempre più articolati e

torbidi, le cooperative coinvolte nello scandalo, come denuncia l’esponente torinese di Fratelli d’Italia, “continuano a gestire l’accoglienza profughi per conto di Prefettura e Comune di Torino a suon di contributi pubblici”.

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