“A Roma non c’è nessuna emergenza migranti”. Anzi, dicono dal ministero dell’Interno, la Capitale può accoglierne altri duemila. A via di Vannina, però, nel quartiere Tiburtino, alla periferia est di Roma, di migranti accampati in un ex capannone industriale e in decine di accampamenti di fortuna che si snodano lungo le vie limitrofe, ce ne sono a centinaia.
Lo sgombero dei capannoni occupati
Ma andiamo con ordine. Nell’ambito dei controlli antiterrorismo disposti dal questore di Roma, d'intesa con la Prefettura, per monitorare la presenza di persone non note alle istituzioni negli stabili occupati abusivamente nella Capitale, la scorsa settimana gli agenti della Polizia di Stato hanno sgomberato e restituito al legittimo proprietario un ex capannone industriale a via di Vannina. Durante l’operazione sono stati fermati 130 cittadini stranieri, principalmente africani. Tutti sono stati denunciati per occupazione abusiva e nello stabile è stato sequestrato un chilo di sostanze stupefacenti. Lunedì scorso la polizia è intervenuta per sgomberare il secondo stabile, adiacente al primo, e ha condotto negli uffici della Questura altre 120 persone per identificarle e accertarne i possibili legami con la criminalità del quartiere. Per un 23enne originario del Gambia, accusato di traffico di sostanze stupefacenti, sono anche scattate le manette.
Oltre trecento migranti in strada
Quando arriviamo a via di Vannina è primo pomeriggio. A Roma c’è un caldo torrido e alcuni giovani africani si riparano dall’afa sotto un lenzuolo bianco. Davanti a loro c’è un cumulo di oggetti. Vestiti, coperte, computer, giocattoli e scarpe che si trovavano all’interno dell’edificio occupato e che ora sono ammucchiate in strada. Proviamo a parlare con loro, ma tra la calura e il digiuno, visto che in molti praticano il ramadan, il nervosismo è tanto e veniamo praticamente cacciati. Soltanto Alessandro, un ragazzo originario del Congo, che parla bene in italiano, accetta di guidarci all’interno di uno dei due capannoni. “Qui vivevamo in più di 150”, ci dice, “forse anche di più, perché alcuni ospitavano anche gli amici, in attesa che si liberassero i posti letto in qualche struttura per l’accoglienza”. “Ci sono anche molte famiglie con bambini, alcuni vanno a scuola, altri sono ancora piccoli”, spiega Alessandro mentre sotto i nostri occhi un bimbo che avrà 7 o 8 anni tira calci ad un pallone. All’interno dello stabile si snodano decine di cunicoli che conducono ad una serie infinita di stanze di un metro per un metro, dove c’è posto solo per un materasso e pochi effetti personali. Nella grande sala al piano terra, che un tempo era evidentemente un magazzino, una donna sta cucinando.
L'accusa dei migranti: "Aggrediti dalla polizia"
Fuori un gruppo di ragazzi del Gambia ci racconta i momenti concitati dello sgombero. Accusano i poliziotti di averli aggrediti e intimiditi, sia durante le operazioni per liberare lo stabile, sia mentre venivano identificati. “Ci hanno pestati, umiliati e derisi, poi ci hanno portato a fare le foto segnaletiche, e lì è continuato il pestaggio ”, spiegano mentre uno di loro si leva gli occhiali per mostrarci l'occhio gonfio. “Abbiamo acquisito queste dichiarazioni, le verificheremo e poi la Questura farà le sue valutazioni”, rispondono da via Genova. “Per ora non ci risulta nulla di quanto è stato dichiarato e non abbiamo ricevuto alcun referto che attesti queste cose, chi parla dovrà assumersi la responsabilità di quello che dice”, spiegano dalla Questura. “Le operazioni si sono svolte in maniera fluida”, assicurano, “non si tratta di una caccia alle streghe ma di controlli antiterrorismo: dobbiamo sapere chi c’è negli stabili occupati e una mappatura delle presenze con il livello 2 di allerta terrorismo è assolutamente necessaria”. La Questura fa sapere inoltre che durante le operazioni di sgombero di entrambi gli stabili i migranti “hanno tenuto un comportamento ostile”, opponendosi ai controlli lanciando oggetti contro i poliziotti. Per questo molti di loro, tra cui una donna incinta, erano stati denunciati per resistenza a pubblico ufficiale.
A Roma mancano le strutture per accogliere
“La maggior parte di noi ora dorme in mezzo alla strada”, continua Alessandro. “Qualcuno ha anche cercato di forzare un altro posto, ma la situazione per ora è questa”, ci dice questo ragazzo congolese. Sulla situazione a via Vannina è intervenuto anche l’Unicef che ha definito “inaccettabile” la condizione in cui versano soprattutto i bambini e ha chiesto al comune di “intervenire al più presto per risolvere questa emergenza dimostrando umanità e lungimiranza”. Il Campidoglio, da parte sua, un piano per gestire l’emergenza e dare un tetto a circa trecento persone, evidentemente, ancora non ce l’ha. “Dal comune non ci hanno fatto sapere nulla”, dice un ragazzo gambiano. L’emergenza, insomma, continua e i nuovi arrivi impongono il reperimento di nuovi centri d’accoglienza.
Lo testimonia il nuovo bando pubblicato a fine maggio dalla Prefettura per trovare strutture in grado di accogliere altri 2.259 cittadini stranieri. Quelle già presenti sul territorio della Capitale, infatti, già da tempo non bastano più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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