Sono sorpreso per il polverone che hanno sollevato qualche giorno addietro le dichiarazioni di Angelina Mango, cantante di 22 anni la quale così mi è stato riferito gode di ampia popolarità tra i giovani. La ragazza, tramite un post pubblicato sui social network, ha confessato di essere terrorizzata all'idea di uscire di casa da sola quando fuori è buio. Nello specifico, ella ha spiegato che, essendo costretta a recarsi in farmacia, ha preferito non indossare i cosiddetti leggins, capo di abbigliamento aderente, prediligendo un tutone largo, a suo avviso anti-stupro, allo scopo di scampare alla violenza sessuale.
Sia chiaro: non mi meraviglia che le signore di ogni età temano aggressioni carnali per strada, nelle periferie come in centro. Del resto, ogni dì le cronache ci consegnano drammatici episodi di questo tipo e si ha come l'impressione che sia più che concreto il rischio di incappare nel maniaco di turno, nello stupratore seriale, nel criminale pronto a saltare addosso. O forse dovrei dire «nei delinquenti di turno», considerato che tali delitti vengono perpetrati sempre di più in gruppo. Ad ogni modo, ciò che mi ha stupito è altro. È stata fatta passare da una donna l'idea errata che lo stupro possa dipendere dall'indumento vestito, per cui se ti infili la tuta e ti copri da cima a fondo sei immune dal rischio di essere molestata e violata, mentre se metti la gonna o il pantalone aderente la possibilità c'è e aumenta. Pensiamo a cosa sarebbe accaduto se a diffondere un concetto simile fosse stato un uomo. Questi sarebbe stato accusato di essere il maschio tossico, di propagandare il patriarcato, di giustificare la violenza sessuale, di colpevolizzare le donne vittime. Sarebbe stato massacrato, mentre Angelina Mango viene lodata e applaudita.
Il giornalista Andrea Giambruno è stato criticato e osteggiato per avere espresso qualcosa di inoppugnabile: se una fanciulla si ubriaca, avendo scientificamente l'alcol il potere di stordirci e di renderci totalmente vulnerabili, quindi alla mercé di chiunque, si pone in una condizione di fragilità di cui un potenziale aggressore, ovvero il lupo, potrebbe approfittare. Tuttavia, Angelina Mango non suscita obiezioni allorché afferma che la tuta è più sicura della calzamaglia. Perdonatemi, ma ravviso sessismo nella seconda affermazione piuttosto che nella prima. Il ragionamento di Giambruno non contiene alcuna discolpa nei riguardi del mostro. Trattasi semplicemente dell'avvertimento che qualsiasi genitore responsabile fornirebbe alla propria figlia, anzi ai propri figli. Il ragionamento di Mango, di contro, reca il germe della colpevolizzazione o autocolpevolizzazione della vittima: «Hai messo i leggins e te la sei andata a cercare, perché con addosso un sacco della spazzatura nessuno ti avrebbe guardata e assalita». E questo è falso. Siamo certi che siano sempre e solo i maschi a veicolare sessismo e pregiudizio o sono forse anche e sovente le femmine a farlo?
Ricapitolando: se incroci un tizio con pessime intenzioni, questi farà di tutto per realizzare i suoi propositi criminali, a prescindere da come sei vestito, da quanti anni hai, da quale sia il tuo aspetto, dalla larghezza del maglione o dall'aderenza della maglietta che hai addosso o dalla sua trasparenza o dal suo spessore. Vero anche che, se non sarai lucido a causa dell'assunzione di alcol o droghe, sarà più agevole per il malintenzionato portare a segno il suo obiettivo, poiché sarai più indifeso. Ed essere indifesi ovviamente non sarà mai una colpa, una colpa è avvalersi semmai della condizione di temporanea o permanente debolezza altrui.
Se avessi una figlia adolescente o dell'età di Angelina Mango, le direi: sentiti libera di vestirti come ti pare ma evita di sbronzarti perché in questo mondo ciò che ti fotte non è l'assenza del tessuto ma l'assenza del cervello.
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