Caro Salvini, basta ballare sul Titanic

Economia al palo

Caro Salvini, basta ballare sul Titanic

I «gufi» di Confindustria di Salvini (27 marzo). Gli scenari «apocalittici» di Bankitalia evocati da Di Maio (18 gennaio). Il «bellissimo» 2019 di Conte (1 febbraio). Sarebbe fin troppo semplice, per quelli che lo sapevano, tra i quali anche noi stessi del Giornale, affermare o scrivere che «l'avevamo detto».

Perché l'abbiamo detto, scritto e riscritto decine di volte, in questi dieci mesi di governo gialloverde, che i numeri dell'economia erano sbagliati. Che i provvedimenti come decreto dignità, reddito di cittadinanza, quota 100 non avrebbero portato sviluppo. E che le previsioni sulla crescita del Pil, sul deficit e sul debito inserite a corredo della manovra di bilancio si sarebbero rivelate ridicole. E così è puntualmente avvenuto.

Ora l'ha certificato il governo stesso: nel Def, che a primavera rappresenta un po' il tagliando di metà esercizio dei conti pubblici, l'1,5% di crescita del Pil 2019 della manovra, ridotto successivamente a 1%, si è ritirato intorno allo 0,3%. In piena zona «gufi». Mentre il deficit/Pil stirato a dicembre fino al 2,04%, è tornato puntualmente a essere 2,4%. In area procedura d'infrazione.

Ma cosa servirebbe, ora, rivendicare ragioni ormai passate? Bisogna piuttosto spingere verso un cambiamento della politica economica. Facendo leva su quella componente della maggioranza storicamente più vicina alle imprese, la Lega, perché si liberi dall'incantesimo elettorale e di potere in cui l'hanno attirata i Cinque Stelle, e riprenda in mano il pallino, prima che sia definitivamente tardi. Basta ballare sul Titanic.

Il punto dove siamo arrivati, certificato dal Def, non può meravigliare un elettore grillino: era quello che voleva. Ben diverso ci pare il discorso per chi ha votato centrodestra. Si era visto fin dal 5 marzo 2018 che le Regioni del Nord erano tutte di colore blu, mentre quelle gialle iniziavano dal Tevere in giù. Per la coalizione di centrodestra significava avere gli imprenditori dalla loro parte. Quelli che in questi giorni espongono le eccellenze mondiali, le filiere e le multinazionali tascabili del Mobile a Milano e del Vinitaly a Verona sono abituati per lo più a essere amministrati dalla Lega. Ma non dalla Lega di governo nazionale vista fin qui.

Bisogna ripartire da lì. Da un governo vicino agli imprenditori, votato alla crescita di cui si continua a non vedere traccia. Nemmeno nel decreto fantasma che pure porta il suo nome. Serve ripartire dal centrodestra perché il tempo sta finendo: lo spread a 260 non sale solo perché tanti investitori istituzionali si sono ripresi i Btp per avere in portafoglio un po' di rendimento. La Borsa ha attirato investitori interessati alle cedole, per lo stesso motivo.

Ma come fu lo scorso anno, da giugno in poi, anche adesso, dopo le elezioni europee, si andrà verso la resa dei conti di fine anno. Senza nemmeno più la paterna protezione di Mario Draghi, che a ottobre dovrà lasciare la Bce. Serve una svolta economica che può essere solo anche politica. E serve subito.

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