C'è una "Carola italiana". Si chiama Francesca Peirotti e anche lei è finita nella bufera per aver aiutato i migranti a entrare clandestinamente in un Paese. Non con una nave come la capitana Rackete, ma attraverso le Alpi, al confine tra Ventimiglia e Mentone. A differenza della tedesca - rilasciata proprio oggi dal gip, però, la 31enne di Cuneo è stata arrestata, processata e condannata per favoreggiamento dell'immigrazione dalla stessa Francia che ora ci fa la predica per il caso Sea Watch.
La vicenda risale al novembre 2016, quando la Peirotti (già allora residente a Marsiglia) trasportò 8 persone - tutti richiedenti asilo arrivati in Italia e rimasti bloccati a Ventimilglia - nascoste su un furgone con il logo della Croce Rossa oltre il confine francese. La vettura venne però bloccata sulla A8 all'altezza di Mentone dalla gendarmeria e per Francesca iniziò la trafila giudiziaria. Nel 2017 la condanna di primo grado: una multa da mille euro. Ma in Appello la pena pecuniaria venne trasformata in 6 mesi di carcere, sospesi con la condizionale, e l'interdizione dal suolo francese per 5 anni. Ora la 31enne è in attesa della Cassazione.
Ma se per la Rackete si è sollevato un polverone internazionale, con Francia e Germania pronte ad andare allo scontro col governo italiano e sit in persino in Austria durante la visita di Sergio Mattarella, per la Peirotti nessuno striscione.
"In realtà si tratta di due vicende molto diverse sebbene entrambe legate al fenomeno dell'immigrazione: la Sea Watch fa salvataggi in mare, io aiutavo delle persone ad andare dove volevano, senza un'organizzazione alle spalle", dice lei stessa all'Adnkronos. Eppure quel silenzio fa rumore. E fa emergere quella doppia morale di cui Parigi ha già più volte dato prova.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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