Colpo di scena al processo per la morte di Stefano Cucchi quando ormai la Corte d'Assise aveva dichiarato chiuso il dibattimento. Il presidente Evelina Canale ha disposto una nuova perizia per chiarire una volta per tutte cosa abbia provocato la morte del geometra di 31 anni deceduto il 22 ottobre del 2009 nel padiglione riservato ai detenuti dell'ospedale romano Sandro Pertini sei giorni dopo essere stato arrestato per droga. Sul banco degli imputati ci sono sedici persone, tra agenti della polizia penitenziaria (che hanno avuto in custodia Cucchi nelle camere di sicurezza del Tribunale mentre aspettava il processo per direttissima) e medici e infermieri del Pertini (che si sono presi cura di lui dopo il ricovero). Lesioni personali aggravate dall'abuso di autorità, falso ideologico, abuso d'ufficio, abbandono di persona incapace, rifiuto in atti d'ufficio, favoreggiamento, omissione di referto sono i reati contestati dalla Procura a seconda delle posizioni.
Nel corso delle numerose udienze che si sono celebrate nell'aula bunker di Rebibbia i pubblici ministeri non sono mai riusciti a convincere la Corte, e neppure le parti civili, della bontà della loro ricostruzione, secondo la quale Cucchi sarebbe stato picchiato dagli agenti della penitenziaria nei sotterranei di piazzale Clodio e morì al Pertini perché abbandonato a se stesso dal personale medico e paramedico che avrebbe volontariamente omesso di adottare «qualunque presidio tarapeutico». I familiari del giovane sono sempre stati convinti, invece, che Stefano sia deceduto a causa dei gravi traumi riportati nel pestaggio. Prima di allora godeva di ottima salute (contrariamente a quanto dichiarato in aula da un consulente della difesa, secondo il quale Cucchi morì per una «severa» malnutrizione).
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