Caso Imane, avvisi di garanzia per i medici

Per la Procura Milano è un atto dovuto l'iscrizione per omicidio colposo in concorso dei medici dopo il no del gip all'archiviazione dell'indagine. Ora entro sei mesi dovrà essere completata la consulenza per stabilire un'eventuale nesso tra la condotta dei medici e la morte della modella marocchina

Caso Imane, avvisi di garanzia per i medici

Era un atto atteso da settimane come passaggio obbligato l’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Milano dei medici dell’equipe dell’Istituto clinico Humanitas che ha curato per 31 giorni Imane Fadil, la modella 34enne marocchina morta il primo marzo del 2019 per aplasia midollare. Per i pm il caso era chiuso: la teste del caso Ruby è morta per cause naturali. Non c'è stato un assassino deciso a farla tacere per sempre per evitare nuove rivelazioni e n’è deceduta per colpa medica, come hanno certificano i risultati della lunga e dettagliata consulenza affidata a un pool di esperti capitanati da Cristina Cattaneo, il medico legale più noto d’Italia.

Oggi, però, dopo il rigetto del 31 dicembre scorso del gip alla richiesta di archiviazione e la decisione di far svolgere nuove indagini il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio si sono visti ‘obbligati’ come atto dovuto a notificare 12 avvisi di garanzia con l’ipotesi di omicidio colposo in concorso ad altrettanti medici dell’Humanitas in vista dell’ennesima consulenza. Per il gip servirà a stabilire per l’ultima volta se via sia “un nesso” tra “la condotta dei sanitari e il decesso di Imane Fadil”.

Entro sei mesi, si dovranno completare quindi le nuove analisi che si andranno ad aggiungere a quelle già fatte, e già durate un tempo infinito. Solo allora se la nuova consulenza confermerà l’esito di quelle precedenti si potrà mettere la parola fine sulla triste storia di una bella ragazza venuta in Italia a cercare un futuro, e inghiottita nelle sabbie mobili dei media e dei processi. Dalla struttura sanitaria alle porte di Milano vi è “ferma convinzione dell'assenza di responsabilità a carico dei professionisti che si sono prodigati nelle cure di Imane Fadil, esprimendo un'altissima competenza professionale e appropriatezza delle cure”.

A pochi giorni dalla morte, come in una spy-story, si era ipotizzato che la modella fosse stata avvelenata con dei metalli radioattivi. Ad alimentare il teorema era stato un audio della ragazza al suo avvocato in cui dice di avere il timore di essere stata avvelenata. A quel punto la Procura aveva aperto un fascicolo per omicidio volontario a carico ignoti. Poi era arrivato l’esito delle lunghe indagini mediche con la conclusione che la causa del decesso fosse da attribuire a una grave forma di anemia associata a un’epatite acuta.

Il caso si sgonfia. "Oggi abbiamo alcune certezze. Che malattia ha avuto, che decorso, cosa si poteva e non poteva fare. Se l’esito finale della consulenza e sicuro sulla malattia, resta aperto l’interrogativo sulla causa che l’ha generata. Si è cercato in tuti I modi di trovare qualche spunto, ma su questo è non si è trovato nulla”, dice davanti a microfoni e telecamere il procuratore capo Francesco Greco.

A quel punto i pm hanno chiesto l’archiviazione ma la famiglia non si è rassegnata, e contestando l’esito delle conclusioni dei magistrati si era opposta a febbraio 2020. Tutto tace fino quando il giorno di capodanno il gip ha sciolto la riserva e ha disposto i nuovi accertamenti,

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