Caso Mollicone, i Mottola imputati provano a difendersi: "Noi non c'entriamo niente con la sua morte"

A 18 anni dall'omicidio della ragazza, il cui corpo venne ritrovato senza vita in un boschetto con un sacchetto di plastica intorno alla testa, la famiglia Mottola rompe il silenzio: "Della morte di Serena non sappiamo nulla"

Caso Mollicone, i Mottola imputati provano a difendersi: "Noi non c'entriamo niente con la sua morte"

"Sono e siamo totalmente innocenti". A 18 anni dal delitto di Serena Mollicone, la ragazza uccisa ad Arce, in provincia di Frosinone, nel 2001, l'ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola parla e respinge ogni accusa mossa dalla procura e lo fa organizzando una conferenza stampa dove si limita ad allontanare ogni accusa. Padre e figlio, infatti, sono indagati per l'omicidio della giovane e per lui, Marco Mottola e la moglie, la procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio. Ma loro non ci stanno e provano a difendersi. "Respingo ogni accusa. Della morte di Serena non so e non sappiamo nulla".

"Non ho mai fatto del male a Serena"

"Non ho mai fatto del male a Serena Mollicone. La mattina del 1° giugno non l'ho vista. Su di me, Santino Tuzi ha mentito, ha detto una menzogna", ha dichiarato Marco Mottola, in conferenza stampa, rompendo così anche il suo silenzio a 18 anni dal delitto della giovane. "Nella mia vita ho commesso tanti errori e ho dato problemi ai miei genitori, ma a loro ho chiesto scusa. Abbiamo fiducia nella giustizia, per il resto parleremo con i giudici", ha dichiarato il figlio del miltare. E l'avvocato dei Mottola, sostiene che nelle carte dell'accusa ci sia già "la prova provata" che sono innocenti.

Il tempismo delle dichiarazioni

Secondo quanto riportato da Repubblica, i due, convocando la conferenza stampa, si sarebbero rifiutati di rispondere a qualsiasi domanda, delegando ogni spiegazione alternativa alla tesi accusatoria al criminologo Carmelo Lavorino e agli altri loro legali e consulenti. Il tutto è accaduto a quattro giorni di distanza dall'udienza in cui il giduice Salvatore Scalera dovrà decidere se rinviarli a giudizio e mentre il padre della giovane, Guglielmo Mollicone, che ha sempre cercato di scoprire la verità sulla morte della figlia, è in coma in ospedale dopo essere stato colpito da un infarto.

La versione del padre

"Se Serena il giorno della sua scomparsa avesse dovuto incontrare mio figlio, non era necessario che si facesse vedere dal piantone. Poteva citofonare all'alloggio, che aveva citofono e ingresso indipendenti. È una sciocchezza quella che Santino Tuzi (morto suicida, nel 2008 dopo aver raccontato alla procura di Cassino di aver visto la ragazza entrare nella caserma di Arce, ndr) dovesse incontrarsi con me. Di quel confronto non ne sapevamo nulla, né io, né i miei legali", ha spiegato Franco Mottola. Che poi ha aggiunto: "Ci auguriamo che vengano scoperti l'assassino di Serena e i suoi complici. Noi ci siamo chiusi a riccio da quando ci siamo accorti di essere diventati oggetto di facili accuse".

La versione del figlio

Secondo quanto riportato dal quotidiano, anche il figlio Marco avrebbe ribadito la sua estraneità ai fatti: "Sono innocente, il giorno della sua scomparsa non ho incontrato Serena, ero al suo funerale, su di me Santino Tuzi ha mentito". Ma, anche in questo caso, nessuna risposta alle domande, affidate invece a legali e consulenti vicini alla famiglia. "Nelle carte dell'accusa ci sono già le prove che loro sono innocenti", ha spiegato l'avvocato difensore della famiglia, mentre i consulenti hanno provato a smontare (da un punto di vista scientifico) le ipotesi degli inquirenti.

Storia di un omicidio

Serena Mollicone era scomparsa ad Arce improvvisamente nell'estate del 2001. Uccisa il 1° giugno di quell'anno, il suo corpo senza vita, con le mani e i piedi legati e la testa stretta in un sacchetto di plastica, venne rinvenuto dopo 48 ore in un boschetto ad Anitrella, una frazione di Monte San Giovanni Campano. Nel 2003, con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere, venne arrestato Carmine Belli, un carrozziere di Rocca d'Arce, poi assolto dopo aver trascorso (da innocente) quasi un anno e mezzo in carcere. Le indagini sono ripartite nel 2008 quando, prima di essere interrogato, il brigadiere Tuzi aveva deciso di togliersi la vita. Gli investigatori, a quel punto, ipotizzarono che il militare si fosse ucciso perché terrorizzato dall'idea di dover parlare di quanto realmente accaduto nella caserma.

Le ultime ipotesi

In base ai nuovi accertamenti compitui dai carabinieri di Frosinone, dai loro colleghi del Ris e dai consulenti medico-legali, il sostituto procuratore della Repubblica di Cassino, Maria Beatrice Siravo, si sarebbe convinta che la giovane, il giorno della sua scomparsa, si fosse recata alla caserma, che avesse avuto una lite con il figlio di Mottola e che lì, in un alloggio in disuso di cui aveva disponibilità la famiglia la giovane fosse stata aggredita. In quella circostanza, Serena avrebbe battuto violentemente la testa contro una porta e, credendola morta, i Mottola l'avrebbero portata nel boschetto. Vedendo, proprio in quel momento, che la ragazza respirava ancora, sarebbe stata quindi soffocata e sarebbero iniziati i depistaggi.

Tutte le accuse

L'ex comandante della stazione dell'Arma, il figlio e la moglie, quindi, sono stati accusati di omicidio aggravato e occultamento di cadavaere, l'appuntato scelto Francesco Suprano di favoreggiamento personale in omicidio volontario e il

luogotenente Vincenzo Quatrale di concorso in omicidio volontario e istigazione al suicidio del collega Tuzi. Il 15 gennaio prossimo, il giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Cassino deciderà se rinviarli a giudizio.

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