Caso Shalabayeva, tutti assolti gli imputati

La Corte d'appello di Perugia ha assolto tutti gli imputati coinvolti nel caso dell'espulsione di Alma Shalabayeva. Non vi fu nessun sequestro di persona

Caso Shalabayeva, tutti assolti gli imputati

Tutti assolti. Per la Corte d'appello di Perugia, nei confronti di Alma Shalabayeva e di sua figlia non vi fu nessun sequestro di persona.

Viene così annullata la sentenza di condanna di primo grado "perché il fatto non sussiste" per Renato Cortese, uno dei poliziotti che arrestò Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca. Gli altri imputati sono Maurizio Improta, i poliziotti Francesco Stampacchia, Luca Armeni, Vincenzo Tramma, Stefano Leoni e il giudice di pace Stefania Lavore. La sentenza è stata accolta da applausi dei colleghi e dall'abbraccio commosso tra Cortese, che all'epoca dei fatti guidava la squadra mobile di Roma, e Improta, allora a capo dell'ufficio immigrazione della Polfer.

"Ho pianto tante volte da solo, l'ultima volta ieri. Un pensiero va a mio padre che subì lo stesso tormento quando ero prefetto a Napoli e ne uscì assolto. Si vede che la Corte d'appello di Perugia ha letto bene le carte, ha analizzato, ha capito di avere a che fare con persone perbene", ha detto Improta. L'avvocato Ester Molinaro, difensore insieme a Franco Coppi, di Renato Cortese, ha espresso all'Adnkronos tutta la sua soddisfazione per questa sentenza, ma poi ha aggiunto: "Resta l'amarezza determinata da un processo che non doveva neppure nascere. La sentenza di Appello ha rimesso le cose al loro posto, resta la sofferenza che Cortese e gli altri imputati hanno dovuto sopportare". E ancora: "Il fatto non sussiste significa che l'impianto accusatorio è stato completamente sradicato dimostrando che la procedura era corretta".

La sentenza ribalta le condanne di primo grado che aveva avuto Renato Cortese, Maurizio Improta, Luca Armeni e Francesco Stampacchia (5 anni), Vincenzo Tramma (4 anni), Stefano Leoni (tre anni e sei mesi). Gli imputati erano accusati di "rapimento di Stato". Rapimento che sarebbe avvenuto tra il 28 e il 29 maggio del 2013 quando Shalabayeva venne accusata di detenere un passaporto falso e fu portata via dalla sua casa a Casalpalocco dalle forze dell’ordine che cercavano il marito, il dissidente russo Muktar Ablyazov.

La donna fu, dunque, rimpatriata tramite un decreto di espulsione, ma poi aveva sporto denuncia ritenendo che fosse stata vittima di un’operazione illegale. Grande soddisfazione per la sentenza di assoluzione è stata espressa anche da Lamberto Giannini, Capo della Polizia.

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