La Cassazione conferma il patteggiamento per peculato del "suocero" di Conte

Accolto il ricorso della Procura di Roma contro l’ordinanza con cui il giudice aveva revocato la sentenza

L'ex premier Giuseppe Conte
L'ex premier Giuseppe Conte

I giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso della Procura di Roma contro la revoca della sentenza di patteggiamento della condanna a un anno e due mesi per peculato nei confronti di Cesare Paladino, amministratore della società che gestisce il Grand Hotel Plaza di Roma e padre di Olivia, compagna dell’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, in relazione all’omesso versamento delle tasse di soggiorno riscosse. Paladino era accusato di non aver versato due milioni di euro al Comune capitolino tra il 2014 e il 2018 ed era stato condannato a un anno e due mesi. La Suprema corte, oggi, ha quindi confermato la sentenza di patteggiamento del novembre 2019.

I giudici avevano accolto l’istanza, in sede di incidente di esecuzione, presentata dalla difesa di Paladino dopo l’approvazione del decreto Rilancio, in cui è contenuta una norma, da alcuni definita “pro-albergatori”, che prevede una sanzione solo in via amministrativa per tali condotte. Secondo la Procura di Roma, invece, la norma in questione non poteva essere applicata in modo retroattivo. "Prendo atto dell'orientamento della Cassazione che conferma la non applicabilità della normativa introdotta che toglieva l'aspetto penale", commenta l'avvocato Stefano Bortone, difensore di Cesare Paladino, che continua: "Resto dell'avviso che la volontà del legislatore sia nel senso di una abolizione della rilevanza penale dei fatti in questione, ricondotti al peculato, così ritenuto in precedenza, in virtù della occasionale qualifica pubblicistica dell'albergatore. Si tratta cioè di un'interpretazione che salva tutte le decisioni in precedenza assunte e che sarebbero cadute con l'interpretazione da noi proposta".

Ricostruendo la vicenda, era il 2019 quando Cesare Paladino, proprietario del lussuoso Grand Hotel Plaza di Roma, nonché padre della fidanzata del premier Giuseppe Conte, patteggiò per aver evaso il versamento della tassa di soggiorno. Per quatto anni consecutivi – dal 2014 al 2018, secondo le indagini degli inquirenti – la struttura alberghiera saltò il versamento dell’imposta, per un ammanco totale di due milioni di euro.

L’imprenditore, dopo aver pagato tutto il dovuto, preferì patteggiare – con sospensione della pena concordata – un anno, due mesi e una settimana di prigione. Una norma inserita nel decreto Rilancio di fresca approvazione, però, aveva depenalizzato il mancato versamento delle tasse di soggiorno da parte degli albergatori, scongiurando lo spauracchio del carcere.

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