Terzo giorno di agonia per i listini mondiali. Riunione segreta dei grandi banchieri

L'Europa brucia altri 683 miliardi, soffre la Cina che schiera un fondo per limitare la caduta

Terzo giorno di agonia per i listini mondiali. Riunione segreta dei grandi banchieri
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I segnali premonitori c'erano tutti. E così la slavina sui mercati post dazi è debordata anche nella nuova settimana. Le Borse del Vecchio Continente vedono quindi il terzo falò consecutivo, con oltre 683 miliardi di euro di capitalizzazione vaporizzati nella terza seduta dal 2 aprile. Il pallottoliere, impietoso, ora segna -1.924 miliardi. Il totale a livello mondiale è di quasi 10mila miliardi di dollari. Non che non fosse una cosa in qualche modo attesa, ma ora una certa inquietudine comincia a filtrare dalle sale operative. Un silenzio assordante è calato su tutte le operazioni finanziarie in corso per concentrarsi su come sia possibile limitare i danni. Tant'è che ieri i vertici di alcune delle più grandi banche al mondo si sono confrontati da remoto sugli effetti che i dazi possono produrre sui mercati finanziari e sull'impatto per l'economia globale. A rivelarlo è stata Sky News che ha appreso che i responsabili di istituti di credito tra cui Bank of America, Barclays, Citi e Hsbc Holdings hanno discusso del caos in corso, apparentemente senza aver raggiunto idee conclusive.

L'emorragia di denaro è partita fin dal mattino, con la Borsa di Hong Kong che ha perso il 13,2% nel suo giorno peggiore da 16 anni a questa parte. A punteggiare il dramma c'è la notizia che Il principale fondo statale cinese, il Central Huijin Investment, è stato sguinzagliato dal governo di Pechino per contribuire al «funzionamento stabile» dei mercati, «dopo che sono crollati a causa dell'aumento dei dazi doganali». Il Giappone, con il Nikkei, ha lasciato per strada il 7,8 per cento.

Alla campanella delle 9 di mattina, quindi, era logico che a Piazza Affari e su tutti i listini europei si attendesse un'altra giornata di passione. Il principale listino italiano, il Ftse Mib, ha chiuso la giornata mettendo a referto un altro calo del 5,1%: stavolta a perdere di più non sono stati i titoli bancari, ma quelli delle utility (A2a -8,%, Hera -7,5%), dell'energia (Eni -7,7%, Enel -7,6%) e farmaceutico (Recordati -8,5%). Male anche il lusso con Moncler (-7,1%) e Ferrari (-6,6%). Illibato il tabellone dei rialzi, con nessun titolo in territorio positivo. Ancora una volta, tra i principali listini europei, quello Milano è risultato il peggiore seguito da quello di Parigi crollato del 4,8%, quello di Londra del 4,4% e di Francoforte del 4,1 per cento.

Al mattino era andata anche peggio. La situazione però è migliorata di pari passo con Wall Street (che apre nel pomeriggio italiano) che ha ridotto il rosso intorno all'1%, sollevata dalla voce secondo cui la Casa Bianca era in procinto di annunciare una sospensiva di 90 giorni sui dazi per tutti i Paesi tranne la Cina, una voce però smentita come fake news poco più tardi da Washington. Dopodiché il listino principale di Wall Street è ridisceso sulla minaccia di Trump che alla Cina, che rischierebbe ulteriori dazi al 50% a partire dal 9 aprile qualora non rimuovesse le tariffe ritorsive applicate agli Usa. Un'altalena di annunci e di colpi al mercato che ha raggiunto una volatilità decisamente elevata, con l'indice della paura, il Vix, a quota 49 avendo ormai raggiunto i livelli del marzo 2020 con l'esplosione del Covid. Alle ore 21 ora italiana Wall Street era però tornata sulla parità.

Quanto alle materie prime, i prezzi del petrolio sono scesi ancora con il WTI a New York che ha messo il naso sotto 60 dollari al barile, per poi risalire. Un aspetto che non ha preoccupato il presidente Trump che ha scritto così sul suo profilo: «I prezzi del petrolio sono in calo, i tassi di interesse sono in calo (la Fed, sempre lenta, dovrebbe tagliare i tassi!), i prezzi dei prodotti alimentari sono in calo. Non c'è inflazione e gli Stati Uniti, sfruttati da anni, stanno incassando miliardi di dollari a settimana dai Paesi sfruttatori grazie ai dazi già in vigore».

Ha ritracciato anche l'oro, nonostante il contesto di corsa ai beni rifugio. Il metallo giallo, dopo avere corso tanto, ieri ha ripegato dell'1,6% a 2.990 dollari l'oncia, sotto alla soglia dei 3mila dollari. Il Bitcoin azzera tutti i guadagni dell'inizio dell'era Trump, a un minimo di 77mila dollari.

Sul fronte dei titoli di Stato, lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi a 10 anni è risultato in calo: il differenziale ha concluso la seduta a 125 punti. Il rendimento dell'obbligazione del Tesoro è al 3,86%, con una corsa nel finale di giornata per l'aumento dei rendimenti di tutti i titoli di Stato Ue. Il cambio tra euro e dollaro è stabile a quota 1,09.

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