Cassazione: lavoratore può vedere film porno in pausa pranzo

La Cassazione annulla il licenziamento di un manutentore della Fiat di Termini Imerese, che aveva visto il filmato a luci rosse con alcuni colleghi

Cassazione: lavoratore può vedere film porno in pausa pranzo

Un bel caffè in pausa pranzo e due chiacchiere coi colleghi? Che noia, meglio un film porno. È quello che ha fatto un operaio della Fiat di Termini Imerese. L'azienda l'ha licenziato, ma lui ha vinto in Cassazione. Secondo l’accusa dell’azienda, come riferisce la sentenza 20728 della sezione lavoro, "durante il turno di lavoro un manutentore all’unità di montaggio veniva notato dal personale addetto alla tutela del patrimonio aziendale in compagnia di alcuni colleghi di lavoro". Dopo alcuni controlli, riferisce sempre la sentenza, nell’armadietto dell’operaio era stato trovato un pc con tre dvd a carattere pornografico. Da qui la decisione dell’azienda di licenziarlo (13 maggio 2008) per aver leso il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, avendo svolto "attività estranea alla prestazione lavorativa consistenti nella visione di filmati a carattere pornografico". Il licenziamento era stato convalidato dal Tribunale di Termini Imerese il 7 luglio 2010. In appello la Corte di Palermo (novembre 2011) aveva decretato l’illegittimità del licenziamento ordinando alla Fiat Group Automobiles il rientro del dipendente con tanto di indennità pari alla retribuzione globale dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali.

La Fiat ha insistito in Cassazione rimarcando che il licenziamento era stato inflitto per giusta causa. Fra l’altro, a detta dell’azienda, "andava considerata la condotta tenuta dal lavoratore che, per prevenire le verifiche aziendali, controllava a mo' di vedetta la presenza di personale nelle vicinanze del locale" utilizzato per la visione di film a luci rosse.

Piazza Cavour ha bocciato la tesi difensiva e, ribadendo l’illegittimità del licenziamento inflitto al dipendente, ha ricordato che gli elementi raccolti contro il lavoratore non erano "sufficienti a fondare la certezza che durante l’orario di lavoro il dipendente si fosse dedicato alla visione dei filmati potendo, tutt’al più, alimentare il sospetto che ciò possa essere avvenuto che però non è idoneo a ritenere provato l’addebito".

Inoltre la Cassazione fa notare che "le asserite ammissioni del dipendente restavano circoscritte al fatto di avere visto lo scorcio di un filmato" a luci rosse "durante la pausa mensa. Circostanza - annota ancora piazza Cavour - certamente diversa dall’aver impiegato l’orario lavorativo in attività diverse dalla prestazione".

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