Castelvetrano, maxi evasione di tasse. Nel paese di Messina Denaro buco di 42 milioni

Nell’ultimo quinquennio non c’è tassa comunale che non sia stata evasa in massa a castelvetrano (Trapani), paese d'origine di Matteo Messina Denaro. L'hanno scoperto i commissari mandati dal Viminale dopo lo scioglimento del Comune

Castelvetrano, maxi evasione di tasse. Nel paese di Messina Denaro buco di 42 milioni

Castelvetrano è un comune di poco più di 30mila abitanti in provincia di Trapani. Tristemente famoso per esere la città di origine dell’ultimo grande latitante della mafia, Matteo Messina Denaro, ora può vantare un record. Negli ultimi cinque anni, infatti, non c’è tassa comunale che non sia stata evasa in massa. A non pagare sono cittadini, commercianti e aziende, nessuna categoria esclusa. Ma i commissari straordinari spediti dal ministero dell’Interno dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose hanno smascherato questo "bubbone".

A risultare dai controlli ci sono i tributi non pagati ma c’è anche la mancata riscossione, fino alle concessioni edilizie e alle convenzioni a canoni risibili di cui hanno giovato persino i favoreggiatori di Messina Denaro. "Nell’ultimo quinquennio il Comune - dice Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune - ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano. La lotta all’evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all’1,50%. Questo significa che l’evasione era legalizzata".

Complessivamente il buco fiscale ammonta a 42 milioni di euro (35,5 milioni di entrate tributarie; 7,3 milioni di extra tributarie) e si riferisce alle imposte comunali su rifiuti, immobili, servizio idrico e imposte pubblicitarie non versate dal 2012 al 2017, durante l’amministrazione guidata dal sindaco Felice Errante. Cifre mai riscosse. "Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro - continua Caccamo - perchè il destinatario, era sconosciuto o incerto, oppure perchè la postalizzazione non raggiungeva gli obbiettivi che doveva raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria, sempre per gli stessi motivi". A dicembre 2017 stavano per scadere 1.400 cartelle esattoriali ma stavolta la Commissione le ha nuovamente notificate interrompendo così la prescrizione.

I debitori più corposi sono tre aziende: Saiseb, che ha costruito l’impianto di depurazione (deve 1,7 milioni), Gemmo, che ha realizzato la rete dell’illuminazione pubblica (1,8 milioni) e Trapani Servizi, ente gestore della discarica (700.000 euro). Con tutti e tre è stato stipulato un piano di rientro. Per la restante parte invece è stato definito un piano di rateizzazione (che prima non esisteva) per cui sono già arrivate istanze di pagamento per 1,5 milioni di euro.

Per poter tenere in piedi i conti, come emerge dal bilancio consuntivo del 2016, il Comune nel quinquennio ha ricevuto 32 milioni dallo Stato, che ora dovranno ritornare indietro: 3,5 milioni come anticipazioni di tesoreria; 8,7 milioni dalla Cassa depositi e prestiti; 12,7 milioni di debiti per mutui; 17,2 milioni per altre spese correnti. Per fermare l’emorragia adesso i commissari hanno ottenuto un’anticipazione di 6,3 milioni riservati ai Comuni sciolti per mafia e utili per pagare gli stipendi e iniziare a pagare una parte dei debiti pregressi.

I commisari sono arrivati a Palazzo Pignatelli, sede del Comune, dopo il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, arrestato con l’accusa di aver favorito la mafia in base a intercettazioni di elogio e di aneddoti sul capomafia latitante, e poi assolto. E dopo un anno di gestione commissariale del solo consiglio comunale, affidato all’ex capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo. Controllando le concessioni e le convenzioni, i commissari si sono imbattuti in vari casi singolari.

In uno di questi il Comune paga una locazione alle Ferrovie dello Stato per un bene, che poi viene concesso a un soggetto privato a costo zero. "Episodi come questo - continua Caccamo - creano un doppio danno erariale concreto".

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