Il centro per migranti usato come albergo: migranti a spasso nonostante i contagi

Il prefetto di Imperia ha "blindato" il campo Roya di Ventimiglia per ragioni sanitarie: vengono quindi impediti i nuovi ingressi e gli ospiti possono uscire per una passeggiata, ma devono rientrare per i pasti e alla sera, altrimenti restano fuori

Il centro per migranti usato come albergo: migranti a spasso nonostante i contagi

"Il campo Roya non è un albergo e non dev'essere neppure considerato un trampolino di lancio verso la Francia". È categorico il prefetto di Imperia, Alberto Intini, costretto dal mese di maggio a "blindare" il centro di accoglienza migranti del Parco Roya di Ventimiglia, per motivi sanitari dovuti all'emergenza Coronavirus.

"In questi mesi si sono registrati tre contagi su altrettanti stranieri, uno dei quali ricoverato in ospedale, mentre gli altri due hanno trascorso la quarantena nel centro - afferma il rappresentante di governo -. Per fortuna non si è trattato di casi gravi, ma non possiamo permetterci di scatenare un focolaio. Immaginate cosa succederebbe".

Insomma, sono passati i tempi in cui al confine italo-francese di Ventimiglia convergevano centinaia di stranieri, che spesso utilizzavano il campo Roya come un pied-à-terre per mangiare e dormire, in attesa di spiccare l'anelato salto verso la Francia, approfittando della notte per allontanarsi dal centro e oltrepassare clandestinamente la frontiera.

Il prefetto è chiaro: "Chi vuole ottenere protezione internazionale può farlo rivolgendosi al commissariato o alla questura per presentare la domanda e sarà destinato a uno dei centri di accoglienza dislocati sul nostro territorio nazionale. Chi è irregolare, invece, verrà espulso". E non finisce qui. "Gli ospiti del centro possono uscire per una passeggiata, ma devono rientrare per pranzo o cena e per il pernottamento, altrimenti restano fuori, perché non sappiamo dove sono stati e chi hanno frequentato".

La situazione sanitaria insomma impone misure restrittive molto severe. "Basta un solo caso per contagiare tutti, anche il personale della Croce Rossa che gestisce il campo - aggiunge Intini -. Non possiamo, dunque, accogliere persone delle quali non conosciamo la situazione sanitaria. In teoria dovremmo mettere in quarantena ogni nuovo ospite, ma non ci sono sufficienti spazi per farlo. Un conto, dunque, è parlare di cinque o sei persone, un altro è se gli ingressi sono nell'ordine delle decine".

In questa maniera il prefetto lancia un chiaro messaggio anche al sindaco della città di confine, Gaetano Scullino, che da giorni preme per riaprire gli ingressi, specie ora che sono ripresi i flussi di stranieri verso la Francia. Intini in questo caso avverte: "Come cittadini stiamo imponendo e subendo delle regole e non si possono, dunque, creare situazioni di rischio".

Sui nuovi arrivi in città, afferma: "Qualche presenza in più si nota, ma non ci troviamo di fronte a casi allarmanti e la situazione è monitorata dalle forze di polizia".

Nell'annunciare a breve un Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, proprio incentrato sul tema migranti, il rappresentante di governo parla anche di un futuro vertice a livello regionale, con tutti i prefetti della Liguria, per cercare di frenare i flussi verso il confine.

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