Mi piace l'idea di intitolare l'aeroporto di Malpensa a un grande italiano famoso in tutto il mondo quale è stato Silvio Berlusconi. Ma siamo in Italia, Paese che purtroppo ama vivere perennemente contro se stesso, per cui infuria una polemica manco dovessimo decidere se entrare in guerra. Aveva ragione Winston Churchill: «Strana gente gli italiani, vanno alla partita di calcio come se andassero in guerra e in guerra come a una partita di calcio». E pensare che un solo mese dopo la sua morte violenta gli americani intitolarono l'aeroporto di New York al loro presidente John Kennedy, uomo altrettanto divisivo e discusso di Silvio Berlusconi sia per la sua vita privata sia per quella pubblica. Bene, non un solo repubblicano, probabilmente non un solo americano, ebbe nulla da eccepire perché Kennedy, nel bene e nel male, era stato uno spartiacque nella storia dell'America.
Quando giustamente si dice che è esistita un'Italia prima dell'avvento di Berlusconi e un'altra Italia dopo la sua discesa in campo cosa mai successa nella storia della Repubblica - si intende proprio la straordinarietà e unicità della figura, indipendentemente dal fatto di averne condiviso l'azione e il pensiero, peraltro entrambi rivolti alla difesa delle libertà e del progresso del Paese. Purtroppo in Italia la memoria di grandi uomini è affidata non a un senso comune di appartenenza a una nazione bensì a piccoli uomini: piccoli politici, piccoli giornalisti, piccoli amministratori, piccoli intellettuali per i quali a nessuno mai nella vita verrebbe in mente di intitolare neppure una panchina dei giardinetti sotto casa.
Parliamo per lo più di persone divorate dall'invidia, dal rancore, e pure ignoranti.
Perché che Silvio Berlusconi sia a pieno titolo un padre della Patria lo testimonia l'atto finale, non deciso da lui, del suo passaggio terreno: tre giorni di lutto nazionale, bandiere a mezz'asta in tutti gli edifici pubblici, funerali di Stato, picchetti d'onore al passaggio della salma, il presidente della Repubblica e tutte le più alte cariche in prima fila nel Duomo di Milano a rendergli l'estremo saluto. E adesso c'è chi salta su a dire: Berlusconi non è degno di dare il suo nome a un aeroporto. Dignità, e onore, merce rara tra chi gli è sopravvissuto.
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