Quelli che vogliono vivere a Mosca

Vi piacerebbe vivere a Mosca o Pechino, Pyongyang, Teheran, Riad, Kabul, in quel che resta di Hong Kong, ma pure Istanbul o Cairo, Caracas o con un viaggio nel tempo nelle ferite sempre aperte di Buenos Aires o Santiago?

Quelli che vogliono vivere a Mosca

C'è una domanda che sembra scontata ma in realtà non lo è. Vi piacerebbe vivere a Mosca o Pechino, Pyongyang, Teheran, Riad, Kabul, in quel che resta di Hong Kong, ma pure Istanbul o Cairo, Caracas o con un viaggio nel tempo nelle ferite sempre aperte di Buenos Aires o Santiago? È qualcosa che prima o poi ognuno di noi dovrebbe chiedersi, quando sacramenta contro i valori dell'Occidente, quando si strappa le vesti, quando rimpiange le ore più buie del Novecento, quando dice che quella storia dell'Apollo 11 sulla Luna è solo una messinscena. Te lo devi chiedere perché la libertà e la democrazia non sono gratis. Non lo sono mai state. Non sono un dono divino e neppure naturali, universali e in sintonia con la vocazione dell'umanità. Sono uno strappo e un'anomalia. Ora sta accadendo che un'Europa debole e confusa con questa domanda deve tornare a fare i conti. È il cuore del suo dilemma politico. Lo dice una guerra alle porte di casa, che forse è solo il primo atto di uno scontro di civiltà o se si vuole una tempesta che mette in discussione l'equilibrio futuro del mondo. Non sarà un processo breve. È lungo, imprevedibile e soprattutto parecchio costoso. Gli europei, e gli italiani, dovranno scegliere chi vogliono essere. Se continuare a credere in certi valori o rinnegarli perché in fondo sono avvelenati, dal denaro, dalla finanza, dalla globalizzazione. C'è chi ritiene che l'Occidente sia pieno di difetti e di ingiustizie, ma che si possa ancora migliorare, un passo alla volta, come è nella sua tradizione, perché con tutti i mali che uno sente sulla pelle le alternative restano peggiori. È il buon senso dei riformisti. C'è chi invece cavalca paura, rabbia e frustrazione e sostiene che questo modello culturale sia solo la maschera di un'ipocrisia, fiacco e corrotto, ormai al capolinea di un viaggio neppure tanto lungo. Quello che promettono si può sintetizzare con una parola: sicurezza. Ti raccontano di un mondo chiuso dove ogni cosa tornerà al suo posto. Qualcuno li chiama populisti, altri li indicano come i partiti del dispotismo democratico, ci sono i vecchi e nuovi nemici del capitalismo. La guerra in Ucraina in qualche modo li sta compattando e se in questi giorni c'è qualcosa che li lega, pur sempre con le vecchie barriere ideologiche, è una sorta di anti atlantismo. Il loro nemico è tutto ciò che puzza di America e come simbolo da maledire hanno scelto un'alleanza militare.

La Nato è la coperta sotto cui l'Europa si è rifugiata per non preoccuparsi della propria difesa. Adesso questa coperta chiede investimenti ed è chiaro che a nessuno fa piacere pagare. È una coperta che chiede di essere fortificata ai suoi confini. Gli Stati Uniti lo ritengono necessario e l'Europa fino a quando non avrà un esercito comune non può che prenderne atto.

È una questione che in Italia, e non solo, sarà cruciale con le prossime elezioni. La divisione tra atlantisti e anti atlantisti sarà profonda. La giostra è cominciata in Francia. È per questo che ognuno dovrebbe farsi quella domanda: dove vorreste vivere? La risposta non è a costo zero.

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