Non è passata nemmeno una settimana dall’operazione Abiad, con la quale viene smantellata un’organizzazione che non solo organizza le traversate lungo il canale di Sicilia, ma che ha al suo interno personaggi con evidenti simpatie per l’Isis. Adesso, ancora una volta nel trapanese, è la Guardia di Finanza a scovare ed a sgominare una banda ancora una volta impegnata nel business delle traversate.
Un’operazione, quella compiuta all’alba di questo martedì, che conferma due elementi: da un lato, che il giro di affari lungo la rotta tunisina appare molto redditizio e fa gola sia a tunisini che ad italiani, dall’altro che è il trapanese il vero epicentro dell’immigrazione proveniente dal paese africano. Se nell’estate del 2017 è la provincia di Agrigento a subire la pressione più dura per via dei cosiddetti sbarchi fantasma, ossia approdi di imbarcazioni i cui migranti a bordo fanno poi perdere le proprie tracce, le ultime operazioni vedono nelle zone comprese tra Marsala e Mazara del Vallo il centro delle rotte più importanti.
È qui infatti che sbarcano coloro che arrivano con gommoni veloci e con imbarcazioni ben distanti dagli standard delle “carrette del mare” che, al contrario, imperversano a Lampedusa e lungo le coste agrigentine. E se con l’operazione Abiad viene alla luce la possibile connessione tra questi sbarchi ed il terrorismo, con l’ultima azione della Guardia di Finanza, denominata “Barbanera”, emerge la composizione di un quadro che vede la presenza di organizzazioni ben ramificate dove non mancano connivenze e convivenze tra italiani e tunisini.
I numeri sembrano parlare chiaro: dei dodici fermati all’alba (due non sono stati rintracciati), sei sono tunisini e sei sono italiani. Alcuni degli indagati vengono anche beccati con un malloppo di trentamila Euro in contanti al porto di Palermo mentre si accingono ad andare in Tunisia. Facilità di spostamento, soldi facili, possibilità di evadere ed eludere i controlli in patria e sbarcare nelle spiagge più isolate del trapanese. Ecco gli elementi che permettono alla banda di lucrare per anni, tanto che il suo presunto leader, Moncer Fadhel, gestisce diverse attività nella stessa Mazara del Vallo.
L’operazione Barbanera fa il paio con la sopracitata operazione Abiad e con quella denominata “Caronte”, che ha avuto luogo sempre tra il trapanese e l’agrigentino nel marzo delle scorso anno. Oltre a queste operazioni, negli ultimi anni è un susseguirsi di inchieste ed indagini in cui ben si nota come le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta di migranti siano ben radicate lungo la costa meridionale della provincia di Trapani.
Si parte da Biserta il più delle volte, oppure da Sfax, poi si intraprendono delle rotte non certamente casuali: le spiagge e le località in cui approdano i barchini nell’agrigentino ed i gommoni veloci nel trapanese sono determinate in partenza. Si seguono rotte ben precise, anche questo segno di come le organizzazioni criminali abbiano una certa ramificazione sul territorio, in grado di fornire appoggi logistici a scafisti e migranti appena sbarcati.
Nulla viene lasciato al caso, né in Tunisia, né lungo il canale di Sicilia e né tanto meno nei luoghi dove si approda. Le indagini portate avanti in questi anni, evidenziano sodalizi criminali ben organizzati e collaudati, dove emergono anche personalità in grado di scalare i ranghi della malavita e di ritagliarsi precisi ruoli al suo interno.
Ciò che più inquieta, è che sia sul fronte della lotta a queste organizzazioni che su quello del pericolo derivante dal terrorismo, le operazioni di questi mesi hanno forse scalfito
solamente la superficie. Sotto, nei meandri della malavita tunisina e siciliana radicata nel trapanese, vi è un mondo ben ramificato sul territorio il cui forte collante è dato dai remunerativi traffici relativi all’immigrazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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