La giustizia non è terrena e su quella la Chiesa cattolica forse non si pronuncerà. Ma altri due possibili referendum, quelli su eutanasia legale e liberalizzazione della cannabis, rischiano di rappresentare una slavina per le certezze vaticane.
Con la modernità, alcuni sdoganamenti sembrano divenuti imperativi. Il che vale per la bioetica e per i costumi. Gli ambienti ecclesiastici, per dottrina e tradizione, sarebbero contrari sia a rendere le pratiche eutanasiche legali sia a cambiare impostazione legislativa sulle cosiddette "droghe leggere". Ma il fiume di sottoscrizioni di questi giorni racconta quanto il mondo contemporaneo possa confliggere, almeno in termini culturali, con certi precetti e convinzioni.
Certo, non esistono soltanto i progressisti. Ed esiste una base popolare che sarà pronta, con ogni probabilità, a contrastare le velleità di chi vorrebbe eutanasia e cannabis libere da rigidismi e limiti vari. Ma per quanto tempo può durare la "resistenza"? La direzione relativistica che il mondo ha preso è chiara. E sorgono domande sul peso che il cattolicesimo ha o potrebbe avere conservato in Italia. Con che forza, ad esempio, la Chiesa cattolica scenderà in campo nei confronti della prima questione, che è più sensibile, ma pure verso la seconda, per cui comunque il Vaticano ha spesso usato toni forti? La Conferenza episcopale italiana si è già pronunciata sul referendum sull'eutanasia, ma non sono più i tempi del "ruinismo", nel senso dell'epoca del cardinale Camillo Ruini, delle adunate di piazza e di tutta quella influenza sulla sfera pubblica. Tornando indietro al 1997, poi, si legge: "Lo Stato che legalizza le droghe leggere è assassino". Era la Santa Sede a tuonare, come riporta Repubblica. Oggi che parole verranno pronunciate in merito?
Il presidente della Cei Gualtiero Bassetti ha chiamato in causa la "provvidenza" per il premier. Mario Draghi però sui referendum e sulle loro conseguenze può poco. Siamo, insomma, a uno spartiacque che dipende più dal clima culturale che dalla politica o dalle istituzioni. Papa Francesco e la sua "Chiesa in uscita" rischiano di dover abbracciare un mondo in evoluzione continua, mentre l'"eccezione italiana", come la chiamava San Giovanni Paolo II - espressione scelta per sottolineare quanto il Belpaese fosse fedele alla "buona battaglia" - , potrebbe, al netto dei referendum, e comunque con il tempo, smettere di differire dalle altre nazioni. Con tutto quello che una rivoluzione può comportare. Vent'anni fa, pensare che l'Italia imboccasse una strada alla "olandese", per così dire, non era neppure pronosticabile. Ma l'orologio della storia corre e i pontefici devono misurarsi con contesti nuovi.
Sarà anche per questo che Benedetto XVI, da pontefice emerito, ha deciso di scrivere ancora, come abbiamo raccontato su InsideOver. Quello di Joseph Ratzinger è insieme un monito, un grido disperato e un avvertimento. L'interlocutrice degli inediti pubblicati dalle Edizioni Cantagagalli - "La vera Europa, identità e missione" - è un'Europa che dovrebbe la fedeltà a se stessa, ma che per Benedetto XVI ha già scelto la secolarizzazione tanto tempo fa.
Il Vaticano è dunque chiamato alle sfide referendarie, mentre la società italiana, complice anche il Covid-19, è in perenne mutazione. L'intervento dell'ex successore di Pietro sull'ecologia dell'uomo non può che essere considerato essenziale, ma rischia di passare agli archivi con una certa facilità. In fin dei conti, si tratta di comprendere che spazio offra la contemporaneità alla Chiesa cattolica e alla sua visione del mondo.
Per comprendere il pontificato e le mosse di Jorge Mario Bergoglio, non si può che partire da un dato: il perimetro del cattolicesimo italiano sembra ridursi, mentre Francesco cerca di custodire la tradizione in Italia e nel mondo, per usare il titolo dell'ultimo Motu proprio, mentre molto di quello che c'è intorno guarda da tutt'altra parte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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