Per un'ora con Alessandra prima bisogna fare il tampone. Igor chiede il test sierologico. Ma niente mascherina: “È pura fantascienza". A Emma, invece, è capitato anche chi non voleva togliersela. Noemi, gli uomini, li incontra come prima, senza precauzioni particolari. “Solo con gli habitué, però. I nuovi? Meglio evitare”. Magda non si fida. Dal lockdown fa solo video, foto o chiamate. Tutto online, dal suo appartamento nel pieno centro di Bolzano. Virtuale, "mascherato" e con tampone o sierologico come preliminari. Dopo il coronavirus, le restrizioni e la paura del contagio, anche la prostituzione di alto bordo non è più la stessa.
Ma il mercato non conoscerebbe crisi e, dai dati del Codacons, nemmeno il Covid sembrerebbe scalfire gli affari di un settore dai volumi importanti. Oltre 90mila sex worker stabili e più di tre milioni di italiani che ne usufruiscono, per un giro d'affari annuo di 4,7 miliardi di euro. Eppure escort e gigolò, a IlGiornale.it, raccontano un’altra storia, fatta di ricavi dimezzati e incontri con il contagocce. Pochi, troppo pochi per continuare a vivere solo vendendo sesso. Alessandra si è cercata un nuovo lavoro "in regola" per arrotondare. Noemi è sopravvissuta grazie agli aiuti “passati” dai clienti più affezionati. Igor ha creato un business parallelo, sempre a tema, offrendo servizi di consulenza e formazione a chi vuole diventare gigolò. Mentre, Magda, senza la famiglia alle spalle sarebbe “morta di fame”.
A prova di contagio: il mercato del sesso in epoca Covid
C'è chi consiglia di evitare baci e di trovare posizioni per ridurre il contatto al minimo. Chi prescrive addirittura astinenza o autoerotismo anche in caso di relazioni fisse. O, al limite, se proprio non si riesce a farne a meno mascherina e igienizzazzione sono tassativi. Nel mirino dei virologi è finito anche il sesso, o quello che resta. E chi per vivere, il sesso, lo “vende”?. "Innanzitutto il problema - osserva Emma, 27enne basata a Milano, ma attiva in tutta Europa - è che la paura del contagio ha più che dimezzato la domanda". E ad avere paura non sono solo i clienti, ma anche i sex worker. Alessandra, 30enne di Roma, impone l'esito negativo del test sierologico o del tampone come condizione per i pochi incontri non virtuali ricominciati dopo il lockdown. Quasi tutti con persone già conosciute. "I nuovi sono sempre più rari. Anche se è già abituato a correre rischi, non resta che buttarsi sempre, Covid o non Covid". Noemi, 21enne napoletana incontra solo clienti abituali. Ma niente test o mascherine. “Perché da quello che ho visto io, il Covid è più che altro un'influenza gonfiata dai media. Io sono stata a contatto con diversi positivi ma non l'ho mai preso. Vuol dire che non è così contagioso”.
Igor, 30enne salernitano e gigolò tra i più richiesti in Italia, di solito, invece, fa e richiede il test sierologico. Ma ammette: "In due casi non l'ho richiesto e non l'ho fatto, ma si trattava di clienti di lungo corso, molto facoltose. Mi sono fidato". Mentre è categorico sull'uso di altre misure anti contagio. "Mascherine e gel igienizzanti sono solo stupidaggini. Il nostro lavoro è il più penalizzato perché non c’è protezione che tenga. Come fa una donna che vuole incontrare un gigolò a non baciare, non toccare?". Per Emma, invece, nessuna paura. Lei, durante uno screening periodico ha scoperto di aver già contratto il Covid. "Poi, egoisticamente, devo dire che essendo, giovane, sana, non ho mai temuto per me". Ad essere spaventati sono i clienti. "Alcuni arrivano con l'esito negativo per tranquillizzarmi. E in due casi, entrambi giovani sui 25 anni, hanno voluto persino tenere la mascherina". Il virus aumenta la paura, ma non l'igiene personale. "La gente - aggiunge Emma - è rimasta sporca come prima. A certi bisogna pure dirgli di lavarsi le mani".
Sesso virtuale e business alternativi come rimedio
Se per il Codacons la pandemia non ha colpito il mercato del sesso, escort e gigolo a IlGiornale.it raccontano di fatturati in caduta e ricavi ridotti di almeno il 50%. "Se prima del Covid arrivavo a guadagnare fino a 5 mila euro al mese, adesso tra videochiamate e incontri arrivo al massimo a 1200 mensili. Così per arrotodare ho anche iniziato a fare un altro lavoro 'regolare'. Un nuovo lockdown sarebbe la fine. Non vedo l'ora che questo incubo passi per poter tornare alla mia vita di un anno fa", dice Alessandra. Per Emma le cifre cambiano, ma la situazione è la stessa. "Prima viaggiavo sui 1000 euro al giorno, adesso ne incasso la metà".
Anche se le misure restrittive indrodotte dal Dpcm del 24 ottobre, paradossalmente, hanno portato qualche vantaggio. "Con la chiusura anticipata alle 18 di locali e ristoranti - spiega Emma - si lavora molto di più. Gli uomini, e il mio target sono i manager benestanti sui 35-45 anni, la sera non sanno che fare. Così mi chiamano. Ma ricevo solo fino alle 22. Anche perché, a Milano, alle 23 scatta il coprifuoco". Ma il business non è più nella metropoli. Per guadagnare bisogna spostarsi in provincia. " A Milano con il calo drastico della domanda dovuta al Covid si è scatenata una concorrenza sleale tra le ragazze. E se vuoi rimanere nel giro sei costretta a deprezzarti e a spendere una fortuna in pubblicità. Nelle piccole cittadine del Nord per farti conoscere sulle piattaforme dedicate spendi 100 euro invece di 1000. E gli incassi, senza competitor, crescono".
Anche per Noemi le perdite sono pesanti. Dai 15mila euro mensili dell’era pre Covid ai 3 mila euro attuali. Pochi, considerando le spese fisse per spostamenti e cura dell’aspetto. Bocciata, poi, l’alternativa virtuale e l’uso di webcam. “Sono un rischio per la privacy che può andar bene giusto per straniere”. Nei tempi duri del lockdown, è sopravvissuta grazie ai soldi passati mensilmente dagli habitué, senza offrire prestazioni in cambio.
“La politica ci usa, ma se ne frega”
Le tariffe elevate non bastano a salvare il fatturato di Igor che non risparmia pesanti critiche all’ipocrisia della politica. Sexting, consulenze e formazione per gli aspiranti gigolò sono servizi con parcelle alte, ma restano un ripego e le perdite si aggirano sul 70%. Per questo, secondo il gigolò salernitano, lo Stato dovrebbe intervenire con dei sussidi, regolarizzando una volte per tutte la categoria che, anche se non illegale, resta border line. Tollerata, ma senza tutele. "Io ho aperto una partita Iva, pago le tasse e durante il lockdown ho anche chiesto e ottenuto il bonus. Ma ho dovuto iscrivermi nel generico 'servizi alla persona', perché la mia categoria non esiste. Eppure nel 2020 la regolamentazione della prostituzione, con anche le difficoltà causa Covid, andrebbe fatta subito. Non si può aspettare ancora. Regolarizzandola, invece di usufruirne e basta, la politica si garantirebbe un maggior numero di persone che pagano le tasse. E - aggiunge Igor - non sarebbero poche, considerato, il giro d'affari del mercato del sesso, che non morirà mai, neanche con il Covid".
Anche ad Alessandra, che per arrivare a fine mese, è costretta a fare due lavori, i sussidi connessi a una regolarizzazione farebbero comodo. “Ma dubito che la politica faccia qualcosa”. Più critica Magda, 35enne di Bolzano: “Il coronavirus ha cambiato completamente le vite di noi che vendiamo sesso per scelta. E la colpa è di un sistema che anche se non ci considera illegali, non riconoscendoci, ci costringe al lavoro nero. Se non sei regolarizzato i sussidi dallo Stato te li scordi. Io nei mesi scorsi, senza l’aiuto economico della mia famiglia sarei morta di fame. E il governo parla tanto, ma se ne frega di noi”. A preoccupare, in assenza di qualche forma di sostegno, è anche la crisi economica che si prolungherà ben oltre quella sanitaria.
"La paura calerà e dopo la clausura di questi mesi ci saranno molte più donne single in cerca di compagnia. Il problema - nota Igor - sarà che ben poche potranno permetterselo". Emma, invece, non è convinta: “La gente che ha i soldi per fortuna continuerà ad averli anche dopo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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