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La teoria del formaggio

E chi l'avrebbe mai detto che, sostituendo i missili nucleari, il formaggio potesse diventare il simbolo di una guerra all'arma bianca? Invece che abbattere i droni l'antiaerea americana intercetta il gorgonzola

La teoria del formaggio

Da quando Donald Trump ha deciso di mettere il turbo ai dazi, il mondo è diventato un palcoscenico surreale. E chi l'avrebbe mai detto che, sostituendo i missili nucleari, il formaggio potesse diventare il simbolo di una guerra all'arma bianca? Invece che abbattere i droni l'antiaerea americana intercetta il gorgonzola.

I giornaloni e le televisioni d'Italia si divertono invece a seminare il panico. I progressisti sono convinti di far perdere consensi alla Meloni, e non gli importa che i pochi lettori si impoveriscano, gli basta che siano incazzati con Giorgia, incolpata di essere amica del Giaguaro Trump, quando invece agisce in nome del buon senso.

Romano Prodi sostiene che la nostra premier si sta comportando come Arlecchino servo di due padroni. Non si accorge di farle un complimento. Se avesse letto la commedia di Goldoni saprebbe che alla fine a guadagnarci è Arlecchino, e del resto l'Italia ha saputo farsi rispettare in politica estera, nonostante i nostri arsenali vuoti, proprio per questa capacità di Andreotti, Craxi, Cossiga e infine Berlusconi di essere i meno nemici dei nostri nemici, e i più amici dei nostri amici. Abbiamo detto di sì alle basi americane, al primo sbattere di palpebre yankee (vedi Vicenza e Comiso), ma siamo stati gli unici in grado di sminare situazioni di crisi in Medioriente e con l'Unione Sovietica.

La Meloni trae insegnamento da questa scuola, la meno consona al suo temperamento, ma della quale ha imparato l'arte. Non è doppiezza ma è la capacità di fare due cose contemporaneamente: ad esempio fare la guerra e intanto trattare.

Giorgia sta cercando di non fare come Biden e l'Ucraina con la Russia. So bene che il paragone non le è grato, visto che sin dall'inizio è stata dalla parte di Zelensky, un po' per convinzione e un po' tanto per obblighi di alleanza e di Realpolitik. Meloni non ha mai rinunciato a gettare ponti a sostegno di qualsiasi iniziativa intrapresa dalla Turchia o da Francesco, e vietando l'uso di armi italiane contro i territori russi.

La posizione di Meloni corrisponde alla mia. Se una volta l'interrogativo che scosse il mondo era «Morire per Danzica?», cioè far guerra al nazismo che divorava i popoli, e angosciarsi era giusto; adesso, davanti all'alternativa «Morire per il grana?», risponderei che mangio il grana e campo lo stesso, e chi non lo vuole si arrangi. Caro Trump, fatti pure i dazi tuoi, ma modera il linguaggio, anche se piacerebbe pure a noi zittire lo starnazzare dell'Oca di Bruxelles. Il gioco a chi ha il dazio più grosso è perlomeno infantile. Sarebbe una gara a chi affonda per prima tra America e Ue. Il nostro compito è impedire all'Europa di non suicidarsi. Intanto trattare con Donald a nome dei 27, senza inimicarcelo. Non è nel nostro interesse. Abbiamo due padroni, ricordiamocelo. Vanno fatti ragionare entrambi a pro nostro.

Ovviamente non sono un tecnico, ragiono con la carta e la matita del salumiere. Non dimentico che mia mamma, rimasta vedova, cercò di mantenere tre orfanelli vendendo pasta Combattenti nella Bergamasca, di cui era rappresentante, ai negozi: era la marca di qualità, e negli anni Cinquanta non girava troppa lira. Se un negozio diceva di no alla prelibata merce, provava con un altro, allargava l'agendina, inventava offerte per mettere in difficoltà chi l'aveva respinta.

Ricordiamoci, cioè, che l'America conta trecento milioni di consumatori, ma che i nostri prodotti sono di qualità unica, e i benestanti americani sono propensi alla vanità e alla esibizione. Figuriamoci se serviranno agli ospiti il formaggio locale, che sembra gommapiuma bagnata in orina di bisonte.

Noi italiani siamo maestri nella manifattura applicata al commercio. Ho letto un interessante intervento non di un economista, ma di un industriale. Parlo dello special advisor autonomia strategica europea, Piano Mattei e competitività di Confindustria, Antonio Gozzi, su «Piazza Levante». Egli fa leva proprio su questa nostra attitudine già di recente. Quando prima di Trump! il calo della produzione tedesca e degli acquisti cinesi ha determinato un calo proprio della stessa cifra oggi in ballo per noi con i nuovi dazi americani, ce la siamo cavata alla grande. Scrive Gozzi: «Nel 2024 l'Italia ha neutralizzato il calo di 3,5 miliardi al suo export in Germania con 1,4 miliardi di vendite in più in Arabia Saudita, 1,3 miliardi in più verso gli Emirati Arabi Uniti, 0,5 miliardi in più verso il Messico, 0,4 miliardi in più verso il Brasile. Anche le minori esportazioni in Francia del 2024 sono state più che compensate da maggiori esportazioni verso Singapore, Malaysia, Vietnam e Filippine». Ehi, 2024, anno a trazione Meloni, non di governo Conte! Il quale ora si lamenta perché avremmo trascurato la sua amata Via della Seta cinese. È vero che le vendite italiane in Cina sono calate (meno 3,9 miliardi) a causa della riduzione di esportazioni di medicinali nella fase post Covid, niente di male: abbiamo rimediato con un incremento del nostro export in Turchia, Giappone, Australia e India.

Possiamo fregarcene dei due giganti. Fino a un certo punto, ovvio. Ma sia Europa sia Usa non possono trascurare che abbiamo un nostro ruolo geopolitico soprattutto nel Mediterraneo e nel Golfo, che i nostri affari commerciali rispecchiano. «Ci sono ampi spazi grigi», che non sono appannaggio né di America né di Cina. La Russia ad esempio... Occupiamoli.

Intanto possiamo mangiarci i nostri formaggi, sostenere i settori danneggiati dalle guerre commerciali in attesa che trovino nuovi acquirenti: mica vendiamo m..., sia detto con rispetto parlando di würstel, auto elettriche e ketchup. Nel frattempo Trump si faccia pure i dazi suoi. Anche se sarebbe il caso che moderasse un po' il linguaggio. Non era mica obbligata l'America a venire a colonizzarci con le sue basi e le sue portaerei e i suoi telefilm del menga.

La morale? Alla fine, in questa guerra dei dazi, vince sempre chi sa adattarsi, chi sa reinventarsi e, soprattutto, chi sa godersi un buon pezzo di formaggio senza farsi troppi problemi.

Vittorio Feltri

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