Coronavirus, Bossetti la lettera dal carcere sul virus: "Un bastardo"

Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'uccisione di Yara Gambirasio, scrive una lettera dal carcere: "Questo virus non guarda in faccia a nessuno"

Coronavirus, Bossetti la lettera dal carcere sul virus: "Un bastardo"

"Questo virus bastardo non guarda in faccia nessuno". Comincia così la lunga lettera che Massimo Giuseppe Bossetti, l'assassino di Yara Gambirasio, ha scritto al conduttore di Telelombardia, Marco Oliva, a proposito dell'epidemia coronavirus.

Il muratore di Malpello, all'ergastolo presso il carcere di Bergamo per il truce assassinio della tredicenne di Bremabate di Sopra, avvenuto il 26 novembre 2010, rivela le sue paure a fronte di un'emergenza sanitaria che non risparmia neanche i detenuti. "Questo virus bastardo non guarda in faccia a nessuno - scrive il 44enne - e anche se i colloqui con familiari e avvocati sono stati sospesi, qui rimangono ancora troppe figure che escono ed entrano quotidianamente. La preoccupazione di essere esposti al virus resta dunque alta". Parole che descrivono l'incertezza di questi giorni drammatici, vissuti al cardiopalma anche da chi è confinato al buio di un cella e teme la paura di un contagio.

Bossetti ha poi raccontato uno stralcio della sua vita in carcere, oggi più che mai, ricondotta a semplici attività quotidiane: "Avevo da poco intrapreso un'attività lavorativa, - prosegue la lettera - riparavo macchinette del caffè, ma a causa del coronavirus, è stato tutto sospeso per precauzione". E ancora: "Per un bergamasco come me, stare con le mani in mano a fissare il soffitto non esiste proprio. Mi dedico alla cucina impastando torte e pizze oppure leggo libro e giornali, mi occupo della pulizi della mia cella o guardo la tv. Ma dopo un po' rompe pure lei".

Lontano dai suoi affetti, il 44enne rivolge un pensiero a sua moglie Marita Comi e ai suoi due figli: "Ora mi sembra di vivere in uno stato di assoluto abbandono, vivo col timore di perdere la famiglia che mi sono creato, l’unica cosa cara che mi è rimasta. Vorrei mandare un messaggio a mia moglie Marita e ai miei figli: siate forti".

In conclusione della lettera, Bossetti ricorda Don Fusto Resmini, il prelato in attività presso il carcere di Bergamo morto lo scorso 3 aprile per il coronavirus.

Al cappellano, l'assassino di Yara affidò i suoi pensieri subito dopo la carcerazione ricevendo ausilio e conforto nei giorni del giudizio. "È vero si è portato con sé i segreti di molte confessioni, - chiosa il testo - ma quelli di qualunque cittadino, non necessariamente i miei come qualcuno vorrebbe far credere".

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