Virus a due velocità: c'è il rischio ondata di ritorno dall'Ovest

Se in Asia e nel vecchio continente i contagi stanno gradualmente calando, la stessa cosa non si può dire per Stati Uniti e i paesi dell'America Latina, gli esperti: "Solo il vaccino potrà fermare l'epidemia"

Virus a due velocità: c'è il rischio ondata di ritorno dall'Ovest

Inizialmente, l'opinione pubblica era convinta che il flagello del coronavirus potesse essere soltanto un problema circoscritto alla sola provincia cinese di Hubei, di cui la maggior parte degli occidentali ignorava anche l'esistenza. Una manciata di mesi è stata sufficiente a evidenziare come grazie questo mondo sempre più connesso e globalizzato, il covid-19 è passato in un batter d'occhio dall'estremo oriente in tutti e quattro gli angoli del pianeta. La speranza che questo misterioso contagio fosse destinato a sparire nel medio lasso di tempo dagli onori delle cronache (come accaduto in precedenza con la sars o l'aviaria) è stata del tutto illusoria.

Come si legge sul Messaggero, dopo tre mesi di paura, contagi ed un numero esorbitante di morti, l'umanità rischia di commettere lo stesso errore, ma in maniera inversa. Prendiamo l'esempio dell'Italia, paese il nostro, che con un'eccezionale forza di volontà ed opportune disposizioni governative, è riuscita a ridurre drasticamente la circolazione del covid-19. Tuttavia, potrebbe essere stata vinta una battaglia e non la guerra, in quanto il virus continua a circolare ancora, tanto in Italia, quanto nel resto del globo e, per di più, in maniera asincrona.

Coronavirus, nuova ondata: ecco cosa dicono gli esperti

Riguardo la circolazione non sincrona del coronavirus, gli esperti fanno notare ciò che sta attualmente accadendo in paesi come Russia, Messico, Perù e Brasile. In tali stati il contagio è ancora molto attivo. Quindi, per farla breve, ammettiamo che nei prossimi mesi l'Italia sia vicina ad un azzeramento del virus, rimarrà comunque sotto assedio, in quanto altri paesi, vicini e lontani, stanno sperimentando tutt'ora il forte status di emergenza che abbiamo provato noi stessi lo scorso marzo. Il professor Stefano Vella, medico infettivologo e docente a Roma presso l'università cattolica del Sacro Cuore, ha spiegato: "Mi colpisce che siamo tornati a ragionare su questa epidemia come se fosse locale e non globale. Quando New York ha il quintuplo dei casi di Wuhan, come possiamo pensare che possa fermarsi lì?".

Vella ha proseguito affermando che il lavoro da parte di Italia e Spagna, per quanto encomiabile, non è sufficiente. l'infettivologo è lapidario: "L'unica soluzione definitiva sarà il vaccino".

Sono alti i rischi di importare il coronavirus da altre nazioni, con il pericolo di una nuova ondata che potrebbe partire da ovest. Seppur misurare la temeratura presso gli aeroporti faccia parte delle norme di prevenzione, Stefano Vella ha spiegato che presto potrebbe non essere sufficiente.

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