In onda sull'emittente radiofonica Rai Radio Due per rispondere a delle specifiche domande sulla pandemia, il direttore sanitario dell'Irccs di Milano Fabrizio Pregliasco ha analizzato il fenomeno Coronavirus a 360 gradi, azzardando anche delle ipotesi sul futuro più prossimo che riguarderà il nostro Paese.
"Gli Italiani sono usciti un po’ con i piedi di piombo (almeno da quello che vedo a Milano) ed è l’atteggiamento giusto da tenere", sostiene il professore parlando della prima riapertura. "Forse siamo anche un po’ spaventati rispetto al fatto di uscire, visto che ormai è inusuale per una quota di popolazione", aggiunge ancora, nella speranza che gli sforzi fatti da tanti nel lockdown non siano resi vani. "Spero che ciò che è stato fatto non venga volatilizzato da comportamenti incongrui. Io dico che questa non è una fase 2 ma una fase 1.5 cioè una situazione in cui si dice: cominciate ad aprire, cominciate a uscire e poi vedremo". Il pensiero sulla ripartenza ed i timori per una nuova ondata di contagi si fondono in un unica considerazione, visto che probabilmente non potranno prescindere l'uno dagli altri. Saranno soprattutto due gli elementi da tenere in considerazione: "Il primo sicuramente è la responsabilità individuale di adottare nel lavoro e nelle situazioni pubbliche il distanziamento sociale. Il secondo è la capacità di individuare casi che potranno esserci perché purtroppo questo succederà. Aumentando i contatti aumenteranno le possibilità di contagio", spiega il dottor Pregliasco.
La conoscenza del virus, ovviamente, è aumentata a causa dei numerosi casi registrati sul territorio nazionale, ma Pregliasco, a differenza di qualche collega, frena in modo netto su una mutazione del Covid in fase discendente: "No, purtroppo il virus non è cambiato anzi avendo avuto un maggior spettro di casi stiamo scoprendo cose nuove: i danni a livello cardiaco, il portatore convalescente (che è un aspetto legato alle possibilità di contagio) ovvero all’inizio avevamo dato 14 giorni di tempo di convalescenza ai soggetti che manifestavano i sintomi, oggi stiamo scoprendo (effettuando tamponi) che i pazienti possono essere ancora positivi dopo 30-40 giorni dalla fine dei sintomi, una situazione impegnativa dal punto di vista del controllo di sanità pubblica".
Per quanto riguarda la questione virus-anticorpi, nessuna certezza di un'immunità nè dell'impossibilità di eventuali ricadute. "È già una buona cosa che su una casistica abbastanza ampia si sia confermato che gli anticorpi ci sono. Dobbiamo aspettare un po’ di tempo per capire se questa protezione c’è. È vero che una gran parte delle malattie infettive una garanzia di protezione più o meno a lungo termine la danno. Guardando al virus della Sars e della Mers questa protezione anticorpale c’è e l’indicazione è che ci dovrebbe essere anche per questo virus", spera il dottor Pregliasco.
La situazione di paura e l'uso delle mascherine, invece, potrebbero continuare anche il prossimo anno: "Temo che delle attenzioni il 4 maggio 2021 dovremo ancora tenerle. Ho paura che questo virus diventerà endemico e ce lo terremo in conto tra i tanti virus respiratori: ce ne sono già 262 più i virus influenzali che fino ad ora sono stati i protagonisti delle stagioni invernali", aggiunge. "Questo virus si inserirà tra i tanti perché il suo lavoro cercherà di portarlo a termine, cioè di infettare quante più persone possibili.
Ad oggi siamo arrivati ad un valore che nelle zone colpite raggiunge probabilmente il 20% della popolazione. Per un virus che ha questa capacità di contagio, i calcoli ci dicono che comincerà a frenare davvero quando avrà colpito il 60% o 70% della popolazione", conclude.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.