La Corte europea: Travaglio arrenditi

Confermata la diffamazione ai danni di Previti

La Corte europea: Travaglio arrenditi

Sperava, come il suo arcinemico mr B., di trovare un giudice a Strasburgo. Si ritrova invece, sommo sfregio, con un metaforico «arrenditi» dei giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo. La libertà di espressione del direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio, hanno deciso gli eurogiudici, non è stata scalfita dalla doppia condanna (2008 e 2012) che i giudici italiani gli hanno inflitto per aver diffamato il signor P. al secolo Cesare Previti. Il ricorso del giornalista è inammissibile. Cane non mangia cane, toga non mangia toga. E così Strasburgo, cui Travaglio si era rivolto nel 2014, ha dato ragione ai giudici romani che per due volte avevano sentenziato che l'articolo di Travaglio dal titolo «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia», pubblicato sull'Espresso nel 2002, era lesivo per Previti.

Infatti il giornalista, parlando di una riunione sul caso Dell'Utri, aveva citato solo in maniera parziale una dichiarazione del colonnello dei carabinieri Michele Riccio «generando così nel lettore - scrive la Corte - l'impressione che il signor P fosse presente e coinvolto negli incontri riportati nell'articolo».

Di qui l'assoluzione dei colleghi giudici: «Come stabilito dai tribunali nazionali, tale allusione era essenzialmente fuorviante e confutata dal resto della dichiarazione non inclusa dal ricorrente nell'articolo». E feroce contrappasso per Travaglio. Dura lex, sed lex.

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