La corte di parte e la lesa maestà

Il governo Meloni ha il complesso compito di riformulare gli equilibri della Corte costituzionale: è legittimo, ma c'è chi si indigna

La corte di parte e la lesa maestà
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Eleggere un giudice alla Corte Costituzionale - in queste ore se ne sta occupando il Parlamento - è sempre operazione complicata e contrastata. Complicata perché il meccanismo di voto richiede di andare oltre la maggioranza semplice, contrastata perché il più importante organo di garanzia del nostro ordinamento è anche un centro di potere politico. E non potrebbe essere diversamente, visto che dei quindici giudici designati a decidere che cosa si può fare e cosa no in questo Paese, cinque sono di nomina del Parlamento, cinque li sceglie il presidente della Repubblica e cinque sono nominati dalla magistratura nelle sue varie articolazioni. Tutto perfetto, tranne un fatto, non colposo ma certamente rilevante: negli ultimi 25 anni abbiamo avuto solo presidenti della Repubblica provenienti da partiti e culture di sinistra; negli ultimi 11 prima delle elezioni del 2022 non abbiamo mai avuto in Parlamento maggioranze di centrodestra; da sempre gli organi della magistratura sono monopolizzati dalle correnti di sinistra. Tutto ciò ha comportato che da tempo il centrodestra non tocchi palla nelle nomine dei giudici della Corte che per questo, durando l'incarico nove anni, ancora oggi è composta in grande maggioranza da magistrati e professori certo di spicco, ma pure con una spiccata cultura giuridica di sinistra. Non è reato, ma non lo è neppure provare oggi, essendo diventato il centrodestra maggioranza e in vista di pronunciamenti sulle riforme, a riequilibrare un po' il parterre, come per esempio avviene negli Stati Uniti ogni volta che il presidente di turno si trova nella condizione di poter nominare un giudice - lì lo sono a vita - della Corte Suprema. In Italia pare che non si possa fare: «Le mani della Meloni sull'alta Corte», scrivono i giornali di opposizione. Mai sentito parlare in questi anni delle mani di Napolitano, di Mattarella, del Pd e di Magistratura democratica, cioè dei soggetti che hanno fatto le nomine. No, erano tutti monchi, invalidi civili.

I fatti dicono che sugli atti politicamente più delicati della Corte Costituzionale ci sono le impronte della sinistra. Che anche in questo caso si indigna, ma attenta come sempre a tenere le mani ben nascoste in tasca.

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