Cos'è cambiato su Gaza

Il motivo per cui è sempre più difficile leggere i fatti politici è che l'apparenza quasi mai spiega correttamente e compiutamente ciò che sta accadendo o si sta cercando di far accadere

Cos'è cambiato su Gaza
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Il motivo per cui è sempre più difficile leggere i fatti politici è che l'apparenza quasi mai spiega correttamente e compiutamente ciò che sta accadendo o si sta cercando di far accadere, perché complessa e intricata è la tela del potere. Non è quindi facile mettere correttamente in fila i puntini, per di più sparsi per il mondo, che disegnano un quadro così complicato e delicato quale è la ricerca di una soluzione alla guerra in corso tra Israele ed Hamas. In teoria può essere che l'altra mattina prima Antonio Tajani e poi Giorgia Meloni si siano alzati con una nuova idea, quella di fare passare alla Camera insieme al Pd una mozione che invita Israele a fermare i suoi carri armati schierati contro Hamas. Potrebbe essere, ma sono certo non sia così. E sono pure certo che il governo non si sia spostato neppure di un millimetro rispetto alla posizione iniziale: il 7 ottobre Israele è stata vittima di un nuovo genocidio, Hamas è un'organizzazione terroristica che va combattuta e neutralizzata.

Faccio un'ipotesi: certo, c'è il problema umanitario che preme, ma può essere che a questo punto, dopo quattro e passa mesi di guerra, si stia prendendo coscienza che per raggiungere l'obiettivo (l'eliminazione di Hamas) le bombe, che certamente sono state giustificate e hanno indebolito Hamas, a questo punto della vicenda non bastino più o che addirittura possano diventare controproducenti per Israele stessa.

Nessun salvacondotto quindi ai terroristi, bensì una situazione che permetta di estirparli in altro modo. In materia ognuno di noi può pensarla come meglio crede, ma su questo si misura la differenza tra lo statista e il politicante in cerca di consenso facile, tra chi ha una visione e un piano e chi si limita a tifare per la squadra del cuore.

Qui bisogna fermare l'analisi per mancanza di conoscenza diretta e passare alla fiducia.

Ci fidiamo di questo governo e della sua leader, che non a caso ha voluto coinvolgere nell'operazione la sua «rivale» capo dell'opposizione, cosa che accade solo di fronte a decisioni fondamentali per la nazione e a idee chiare? Tutto lascia pensare che sì, dobbiamo fidarci. E se uno guardasse con attenzione come si sta muovendo l'intero consesso internazionale, troverebbe non pochi indizi a sostegno di questa tesi.

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