"Più fondi ai migranti, meno alle chiese": la Cei cambia strategia

La Cei sta redistribuendo i suoi fondi: più soldi per le "opere sociali" meno per le chiese. Ecco tutti i numeri e i costi dell'operazione

"Più fondi ai migranti, meno alle chiese": la Cei cambia strategia

La Cei ha cambiato destinazione di parte dei suoi stanziamenti. Due giorni fa è stata pubblicata questa inchiesta su La Stampa, che mette in rilievo come nel corso degli anni stiano diminuendo i soldi destinati alle chiese, mentre aumentino del 60% quelli finalizzati alle "opere sociali", tra cui, ovviamente, quelle relative all'accoglienza dei migranti. "Per il Giubileo del 2000 -scrivono Tornielli e Galeazzi- furono costruite decine di nuove chiese nelle periferie urbane. Le priorità ora sono le infrastrutture assistenziali. Una scelta strategica non priva di effetti e reazioni sul territorio". Un cambio di rotta condito dalle continue prese di posizione della Cei sulla necessità di "promuovere una pastorale per i migranti", che il Cardinal Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ritiene sia necessaria per "difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la tratta degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone;". La crisi del welfare sociale, insomma, sarebbe almeno tamponata dalle scelte di destinazione di questi fondi, che danno seguito concreto alle prese di posizione che la Cei ha assunto in questi mesi su ius soli, migranti, accoglienza e integrazione. La ricostruzione delle chiese di paese e non, insomma, può aspettare.

Le conseguenze sui territori cui Tornielli e Galeazzi si riferiscono, poi, sono gli scontri, ormai quotidiani, con alcune amministrazioni comunali. Quest'ultime sono chiamate a misurarsi con i servizi che le strutture delle chiese stanno mettendo a disposizione dei migranti. I numeri degli immigrati ospitati dalle strutture ecclesiastiche, infatti, sono in netto aumento e vanno di pari passo con il maggioramento complessivo dei fondi destinati all'accoglienza. Non tutte le amministrazioni italiane stanno reagendo positivamente al fenomeno. Dormitori, servizi di assistenza e segretariato sociale, veri e propri centri di accoglienza, centri di ascolto e così via interferiscono con i desiderata di quelle amministrazioni che cercano di ridimensionare il numero dei migranti ospitati nei loro territori di competenza. Ma come funziona questa redistribuzione dei fondi? Secondo l'articolo di Tornielli e Galeazzi, "4488 centri ecclesiali erogano beni primari, facendosi carico dei bisogni essenziali di persone e famiglie, italiane e straniere. 3547 sono i centri di ascolto per le vecchie e nuove povertà, la servizio di chi è nel bisogno. 245 mila interventi di orientamento, consulenza e segretariato sociale per disoccupati e nuclei economicamente svantaggiati...". Gli interventi della Cei, quindi, non attengono solamente ai migranti, ma anche ai clochard e alle famiglie italiane in crisi economica ed esistenziale, ma stanno virando principalmente su questo genere di azioni, mettendo in secondo piano il resto delle voci nei capitoli del bilancio.

I costi di questa operazione, come dimostrato in questo articolo di Giuseppe De Lorenzo, interessano anche lo Stato italiano. Dei 23mila migranti ospitati dalla Chiesa, infatti, solo 4mila sono coperti da fondi ecclesiastici. Il rimamente 79% dell'accoglienza è spesato dal governo italiano. Un caso emblematico collegabile a questa storia, inoltre, è emerso ultimamente rispetto alla situazione reddituale dei sacerdoti. Secondo questo pezzo de La Nuova Sardegna, infatti, proprio la Cei, mediante le integrazioni al reddito, starebbe evitando che i sacerdoti sardi vadano incontro a dei veri e propri "disagi economici". Le offerte dei fedeli, infatti, diminuiscono sempre di più. Forse parallelamente alle critiche che quelle già citate amministrazioni comunali operano nei confronti dell'accoglienza a tutti i costi.

Sull'integrazione dei migranti, insomma, la Chiesa è costretta a confrontarsi con i territori, sui quali sempre più spesso verrebbero recepiti negativamente gli impatti sociali dovuti alla crescita esponenziale delle persone ospitate dalle strutture ecclesiastiche. Nel frattempo i fondi destinati ai migranti continuano ad aumentare.

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