Parabola, playstation, aria condizionata: così gli italiani mantengono i rom

Dopo gli sgomberi i rom preferiscono occupare ex fabbriche abbandonate. Oppure scelgono di vivere "mantenuti" nei centri di accoglienza del comune. Ecco perché conviene stare in Italia

Parabola, playstation, aria condizionata: così gli italiani mantengono i rom

A Milano nel giro di una settimana sono stati sgomberati più di 200 nomadi. Ma che fine hanno fatto? Si spostano da un'altra parte, certo, ma dove? Basta fare un giro nel quartiere più assediato dai rom, quello di Lambrate, a Milano, per capire dove si nascondono e in quali condizioni vivono. In via Lombroso esiste un centro di accoglienza voluto fortemente dal comune di Milano dove sono stati investiti ben 2 milioni di euro. Soldi ovviamente dei cittadini. Un centro attrezzato con aria condizionata, riscaldamento, luce, fornelli di ultima generazione, parabola satellitare, macchine, play-station e il presidio dei vigili 24 ore su 24. Ma perché un centro regolare ha bisogno della sorveglianza? "La cosa interessante è che cucinano loro e tutte le famiglie si organizzano - dice la responsabile del centro sociale che si definisce la "mamma" dei rom". 140 nomadi in tutto che arrivano da più sgomberi e che hanno scelto, almeno per questo anno, di vivere alle spalle dei cittadini che pagano e li mantengono. Su 140 solo 17 lavorano, nell'edilizia e nelle pulizie, ci dicono, in attesa che "il comune ci trovi un lavoro" - dice Leon, un abitante romeno. Gli italiani del resto sono bravi e danno sempre una mano verrebbe da dire. Poi passiamo ai bambini che, in teoria, dovrebbero essere a scuola per iniziare percorsi di scolarizzazione e integrazione. Niente da fare, con grande stupore della responsabile dei servizi sociali che ci accompagna scopriamo che non sono poi così malati e che a scuola, proprio questa mattina, non ci sono andati. Pulizia impeccabile, specie dopo essere stati avvisati del nostro arrivo mattutino. Tutte le donne rom hanno in mano scope, persino gli uomini si danno un gran da fare nelle faccende domestiche. Vogliono farci credere che sia un centro "modello", ma dando uno sguardo più da vicino e scambiando qualche parola con i veri abitanti ci accorgiamo che non è proprio così.

Parliamo con Sonia, una donna di origine romena con 6 figli e 22 nipoti, sigaretta in mano per far passare il tempo e l'ultimo nipotino arrivato che sta dormendo pacifico nel lettone. Nelle camerate dove vivono in condizioni dignitose, quasi da far invidia a chi abita in una casa popolare, c'è un gran caldo, qualche giacca elegante, televisori da cui vedono tutti i canali romeni. Anche Leon, 35 anni, grande e grosso, attende che il comune gli trovi un lavoro, sa fare tutto, ed è veramente felice di essersi trasferito nel centro di accoglienza. "Nel ventunesimo secolo non possiamo vivere nei campi, qui per fortuna c'è la luce, il gas, aria calda e fredda, siamo avanti!" - sorride soddisfatto.


Ma chi non accetta le "regole" del centro accoglienza che fine fa?. L'assistente sociale ci dice che il 50% aderisce al progetto e gli altri tornano in Romania. Siamo davvero così sicuri? Facciamo un giro nel quartiere di Lambrate, assediato dai rom e finito nel mirino della giunta comunale che si è attivata per effettuare una serie di sgomberi a tappeto. Proprio con i cittadini residenti decidiamo di fare un giro nel parco dove puntualmente bivaccano diversi rom. Accanto a loro c'è una squadra dell'Amsa al lavoro, quella che tiene pulita il territorio e a cui è stato intimato "Adesso ci siamo noi, passate dopo!". Insomma, c'è un tempo per sporcare il parco e un tempo per purirlo. I tempi però vengono dettati da loro, i rom. Non amano le telecamere e tanto meno parlare. Si fermano per una buona mezz'ora in cui i cittadini si sentono veramente presi in giro: chi fa credere di lavorare come badante di notte ma gironzola dalla mattina alla sera, chi lavora in una ditta di manutenzione ma si occupa anche del riciclaggio di batterie usate, chi si sente abbandonato da tutti ma è in Italia per fare i soldi, poi torna in Romania. Un dialogo snervante dove tirano fuori le loro ragioni: vogliono un lavoro, una casa e poter fare quello che vogliono quando vogliono. Addirittura quando gli si fa notare che parecchi di loro vomitano e fanno i bisogni nel parco hanno il coraggio di rispondere "E tu girati dall'altra parte, ti ha picchiato o vomitato addosso?". Insomma, muri di gomma.


Ma la parte migliore arriva su segnalazione degli stessi cittadini che si sono cimentati nel dialogo con i tre rom del parco. Con l'aiuto di una pattuglia specializzata negli sgomberi ci dirigiamo prima in Via Crespi al 27 e poi in Via Arrighi dove staniamo due nuovi nascondigli post-sgombero. Ci addentriamo nelle due ex fabbriche che, in teoria, dovrebbero essere sotto bonifica, entrambe sono aree private. In via Crespi, un carrozziere ci conferma che, per il quieto vivere, è arrivato a un tacito accordo: "Passano a decine tutti i giorni, Io gli regalo le batterie usate e loro mi lasciano in pace" (Guarda la mappa del degrado). Conferma così la teoria che il riciclaggio di batterie funziona proprio in questo modo. Quello che troviamo una volta entrati negli stabilimenti abbandonati è assolutamente disumano. Non solo tracce di adulti ma anche di bambini che vivono in condizioni pietose, solo le immagini possono esprimere nel miglior modo il degrado che sta di fronte ai nostri occhi.

Sono romeni, bulgari, bosniaci, tra queste stanze però c'è anche una famiglia italiana.

Un odore acre, immondizia da tutte le parti, padelle e pentole, indumenti. Di fatto gli sgomberi non sono serviti a nulla, nessuno è rientrato al suo paese, anzi, si sono messi al sicuro in un'area privata dove per sgomberarli nuovamente la procedura è ancora più complicata.

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